In Somaliland è crisi istituzionale dopo il rinvio delle elezioni

di claudia
Muse Bihi

di Enrico Casale

In Somaliland, le elezioni presidenziali si sarebbero dovute svolgere, secondo la Costituzione, domenica, 13 novembre. A settembre però il mandato del presidente Muse Bihi (foto di apertura), eletto presidente per 5 anni nel 2017, è stato prorogato di due anni dal consiglio di Guurti, la camera alta del Parlamento (Senato). Per il presidente della commissione elettorale nazionale, questo rinvio è la conseguenza di “motivi tecnici e finanziari”. Un argomento inaccettabile per l’opposizione che assicura che non riconoscerà più il governo a partire da domenica.

Il Somaliland è la regione settentrionale della Somalia e rispecchia a grandi linee quella che era la colonia britannica del Somaliland. Autoproclamata repubblica indipendente nel 1991 con la caduta del presidente somalo Mohammed Siad Barre, non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale. E ciò nonostante il Somaliland abbia buone relazioni sia con gli Stati Uniti sia con l’Etiopia.

Per la Somalia, il Somaliland è un dossier sempre aperto. Mogadiscio non ha mai smesso di rivendicare la propria sovranità su quei territori. Il nuovo presidente somalo Hassan Sheikh Mohamoud, tra i primi provvedimenti assunto dopo la sua elezione, ha nominato un inviato speciale per la riconciliazione Hargheisa.

Il Somaliland potrebbe però rivelarsi una questione spinosa per l’intero Corno d’africa nei prossimi mesi. L’attuale impasse politica mette alla prova le istituzioni democratiche del Somaliland e le capacità locali di risoluzione dei conflitti. Quasi tutte le capacità locali che storicamente tenevano unito il Somaliland si sono esaurite e stanno perdendo rilevanza, compresi i Guurti, le autorità tradizionali e le élite economiche. I Guurti – meglio descritti come la Casa degli eredi poiché gli attuali titolari sono per lo più figli o parenti degli anziani inizialmente selezionati dal clan – non sono più in grado di mediare i disaccordi politici. La risposta dei Guurti all’incombente crisi politica è stata una proroga di cinque anni per se stessi e una proroga di due anni per il presidente e il vicepresidente.

Anche gli anziani tradizionali e i leader religiosi hanno cercato di mediare un accordo tra il presidente e i partiti di opposizione, ma i loro sforzi sono falliti. E infine, alcuni dei più grandi magnati del mondo degli affari si sono riuniti e hanno suggerito forse la proposta più sensata in grado di soddisfare gli interessi sia del partito al governo sia dei partiti di opposizione. Le élite economiche hanno suggerito elezioni presidenziali e legislative congiunte. Sfortunatamente, anche questo suggerimento non è stato ben accolto dai principali attori politici.

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