Accademie calcio, opportunità e lati oscuri 

di Valentina Milani

Di Tommaso Meo

“Se camminate lungo la litoranea nella capitale del Senegal, Dakar, e guardate giù dalle scogliere rocciose, vedrete decide di uomini e ragazzi a piedi nudi su una stretta lingua di spiaggia che si affrontano nel tardo pomeriggio come se si trattasse di una finale di Champions League” scrive il giornalista Sebastian Abbott nel suo libro del 2018 Fuori Casa. “Scene simili – continua – abbondano in tutto il paesaggio africano”. Il calcio è indiscutibilmente lo sport più popolare nel continente e questa grande passione, unita alla giovane età della popolazione, hanno reso l’Africa il nuovo eldorado per la ricerca di talenti. Alcuni come Salah, Manè e Koulibaly hanno già sfondato in Europa, ma tanti altri sono ancora lì fuori da qualche parte.

A scovare il nuovo Messi ci ha provato il Qatar con un progetto, chiamato Football Dreams, che prevedeva una ricerca a tappeto, e una scuola per giovani atleti, l’academy Aspire. Questa epopea, parzialmente fallita, è raccontata da Abbott nel suo libro-inchiesta, ma sono molti i club stranieri, soprattutto europei, che negli ultimi due decenni hanno tentato di reclutare i giovani africani più promettenti (dai 13 ai 17 anni) direttamente in Africa. Alcune squadre, come Arsenal, Paris Saint Germain o Barcellona, operano lì con le loro scuole calcio, altre hanno stretto accordi con accademie di proprietà africana che si stanno moltiplicando in questi anni. L’Olympique Marsiglia, ad esempio, ha firmato una partnership con l’academy senegalese Diambars. In cambio del diritto di avere la priorità sulla scelta di due giocatori, la squadra francese mette a disposizione i suoi metodi di allenamento.

Dall’Ajax al Monaco, dal Feyenoord fino al Red Bull Salisburgo “tanti ci hanno provato, ma pochi sono riusciti ad avere risultati e hanno smesso” spiega al mensile Africa e Affari Raffaele Poli, ricercatore, docente universitario e direttore dell’Osservatorio Calcio Cies. “Succede perché è necessaria una presenza costante sul territorio, ma questo è complicato”. Se qualcuno chiude le sue scuole – la Red Bull dal Ghana si è spostata in Brasile, per esempio – altri tentano ancora la sorte, forti dell’immenso bacino da cui pescare. Tra gli ultimi, la Roma ha annunciato la prima academy in Nigeria, ad Abuja. Altre sedi della AS Roma Academy apriranno a Port Harcourt, Yenagoa, Benin e Lagos. La squadra capitolina la scorsa stagione aveva intanto fatto esordire in Serie A Felix Afena Gyan, un giovane prelevato da un’altra scuola calcio ghanese, la EurAfrica Academy.

Queste accademie, oltre a formare talenti, per i club sono anche una soluzione a un vincolo legale: la Fifa infatti vieta i trasferimenti internazionali di giocatori minorenni. Le scuole calcio funzionano quindi come centri di allenamento per i calciatori in attesa dei loro 18 anni. L’organizzazione benefica Foot Solidaire, che si batte per una gestione “sostenibile” del fenomeno, stima che siano almeno 15.000 i giovani calciatori che si trasferiscono ogni anno dall’Africa occidentale, ma le regole sui minorenni vengono a volte aggirate da sedicenti agenti o dalle stesse società europee. “È un mercato dove la speculazione è molto grande» conferma Poli, «ma le responsabilità sono spesso condivise tra i diversi attori”.

A influire su questa opacità è anche la mancanza di regolamentazione in molte scuole calcio che, sempre secondo Foot Solidaire, tendono a ridurre l’attività formativa a un mero scambio di giovani calciatori approfittando delle aspirazioni dei giocatori e delle loro famiglie. Un altro nodo da sciogliere, quindi, è l’istruzione. Se le academy dei club maggiori offrono in genere una formazione completa e non limitata soltanto alla sfera sportiva, le realtà più piccole e private non sempre sono adeguatamente strutturate e all’altezza per la proposta scolastica. Tolgono sì i bambini dalla strada, ma a volte anche dalla scuola. Questo è visibile in modo particolare in Nigeria, il Paese africano che esporta più calciatori all’estero (339 nel 2022), o in Ghana, dove proliferano le accademie private. L’istruzione è invece fondamentale dal momento che la maggior parte dei ragazzi che sognano di diventare calciatori non ottiene un contratto professionistico. Per questo motivo, sostiene Foot Solidaire, chi vuole investire dovrebbe costruire scuole con all’interno academy calcistiche, e non il contrario.

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