Di Francesco Bortoletto – Centro studi AMIStaDeS
Fin dal suo primo mandato, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato e ribadito in più occasioni di voler rilanciare i rapporti col continente africano, avviando un “nuovo partenariato” che includa non solo la repubblica transalpina ma l’intera UE. Operazione sincera o mero maquillage? Probabilmente qualcosa nel mezzo: al di là della reale volontà di riconciliarsi con le ex colonie, ricucire con l’Africa è una necessità strategica per la Francia, anche per contrastare l’influenza russa.
Nel 2017 a Ouagadougou, Macron aveva esposto il suo “manifesto” per un nuovo corso delle relazioni franco-africane. Questo doveva basarsi sul superamento dei vecchi legami coloniali che, seppur allentati, non si sono mai interrotti. Anzi: la décolonisation ha in realtà mantenuto Parigi saldamente al vertice di quel complesso sistema di relazioni chiamato Françafrique, che prevedeva un rapporto privilegiato delle 14 ex-colonie con l’Hexagone e il cui simbolo era – e in parte è ancora – il controverso franco cfa.
Così, il sentimento antifrancese ha covato a lungo ed è infine deflagrato, cavalcato e amplificato da un altro attore che sta espandendo la sua influenza nel continente: la Russia. Mosca sta infatti riprendendo i rapporti che l’Urss aveva intrattenuto con molti paesi africani e creandone di nuovi. Rapporti antichi come quello con l’Algeria, primo importatore continentale di armi russe. E nuove infiltrazioni del gruppo Wagner in almeno 18 Paesi: dalla Libia (dove sostiene il maresciallo Khalifa Haftar, proprio come la Francia) alla Repubblica Centrafricana (diventata di fatto feudo russo); dal Mozambico al Burkina Faso e al Mali.
Il fallimento saheliano
Gli ultimi due esempi indicano la progressiva perdita della “presa” francese sul Sahel, regione cruciale sotto innumerevoli aspetti: dal profilo della sicurezza a quello della migrazione, passando per quello dello sviluppo che, soprattutto dopo la pandemia, fatica a decollare. Dall’intervento Nato in Libia (fortemente voluto dalla Francia di François Hollande), la regione è insanguinata dagli attacchi terroristici di una miriade di gruppi jihadisti affiliati ad al-Qaeda e all’Isis. Nel 2013 l’Eliseo tentò la carta di una nuova operazione in Mali, ribattezzata Barkhane nel 2014 ed estesa a tutto il G5 Sahel, alleanza economico-militare patrocinata da Parigi che include Mauritania, Mali (fuoriuscito a maggio), Burkina Faso, Niger e Ciad.
Ma a seguito del deterioramento della sicurezza nell’area e, soprattutto, del precipitare delle relazioni con la giunta golpista di Bamako (culminate proprio in questi giorni con l’interdizione delle attività delle ONG finanziate dalla Francia da parte delle autorità maliane, in risposta alla decisione dell’Eliseo di sospendere gli aiuti allo sviluppo al Paese africano), Macron ha decretato lo scorso febbraio la fine di Barkhane. Parigi sperimenta così “il suo Afghanistan”, ritirando circa 5000 soldati dal Mali che dall’estate si stanno riposizionando nel vicino Niger insieme alla task force europea Takuba. Un fallimento, quello della lotta al terrorismo jihadista, dovuto anche all’approccio muscolare della Francia, che credeva di risolvere militarmente dei problemi che hanno invece radici sociali molto complesse, che affondano nella sostanziale inesistenza dello Stato.
La nuova strategia dell’Eliseo sarà definita nel dettaglio coi partner regionali nei prossimi mesi e prevederà un impiego “integrato” degli asset francesi con gli eserciti saheliani (formazione e supporto anziché operazioni in prima linea). Così Parigi, che ha sempre considerato la presenza in Africa parte del suo status di potenza, deve ora rendersi invisibile per non urtare le opinioni pubbliche locali, sempre più insofferenti verso gli ex-dominatori.
Un partenariato rinnovato
È la fine della Francia in Africa? Tutt’altro, almeno nelle intenzioni di Macron. Monsieur le Président sta puntando infatti su un nuovo approccio che coniughi il mantenimento della sicurezza con lo sviluppo di una partnership strategica per la crescita di entrambe le sponde del Mediterraneo. Parigi vorrebbe infatti europeizzare la propria politica africana, cioè coinvolgere i partner comunitari per distribuire gli oneri ma mantenendo la regia delle operazioni. Al vertice di febbraio tra Unione europea ed Unione Africana, gestito dalla presidenza francese del Consiglio UE, si è parlato del “destino comune” dei due continenti e sono stati messi sul tavolo 150 miliardi di investimenti per transizione verde e digitale, sanità pubblica, vaccini, istruzione e formazione. Staremo a vedere, ma per ora non si profila un coordinamento serio tra i Ventisette.
Dal canto suo Macron punta, non senza retorica, sulla società civile africana: nell’ottobre 2021 invitò al summit Africa-Francia di Montpellier uno stuolo di giovani e associazioni al posto dei capi di Stato, com’era consuetudine. Quell’evento fu largamente contestato. Organizzato dal filosofo camerunese Achille Mbembé (poi accusato di tradimento della causa africanista), si incentrò sul confronto diretto tra una delegazione di giovani e il presidente francese: una dialettica giudicata incapace di proporre una visione di cambiamento radicale che sostanziasse la reale emancipazione delle società africane dal paternalismo dell’Eliseo (che intanto tenta la penetrazione economica nell’Africa anglofona).
Decolonizzazione culturale?
Contemporaneamente, Macron porta avanti una politica della memoria, sfoggiata anche nel recente “grand tour” del continente nero (parallelo a quello del ministro degli Esteri russo). Gesti simbolici per riavvicinare i paesi africani a Parigi, la quale sta ammettendo pesanti responsabilità della sua tragica storia coloniale (senza tuttavia scusarsene). Dalle sanguinose vicende algerine (come l’assedio di Algeri del 1957 e l’eccidio della Senna del 1961) al genocidio dei Tutsi del 1994, passando per l’assassinio di Thomas Sankara nel 1987: aperti gli archivi coloniali transalpini, mentre commissioni miste di storici africani e francesi ricostruiscono i passaggi più dolorosi di oltre 130 anni di relazioni difficili, spesso rimossi o dimenticati. Via libera anche alle restituzioni delle opere d’arte trafugate nei secoli: a novembre 2021 sono rientrati 26 pezzi in Benin, mentre l’Eliseo vorrebbe superare il controverso principio dell’inalienabilità del patrimonio museale nazionale.
È lecito, tuttavia, mettere in dubbio la buona fede di questa “decolonizzazione culturale”. Ricucire con l’Africa, riconoscendo una comune storia di lacerazioni e sfruttamento, è sicuramente un passo necessario per costruire un nuovo partenariato solido e fecondo. Ma non sarà sufficiente. Il sospetto è che si tratti dell’ennesima operazione cosmetica, una bella facciata per coprire le più classiche manovre per mantenere l’influenza in un continente di nuovo al centro delle contese internazionali (Russia, Cina e Turchia su tutti) sia per l’estrazione di risorse critiche (dall’uranio al GNL) che per il consolidamento di fronti diplomatici alternativi in un mondo sempre più multipolare. Abbandonare l’Africa non è un’opzione per Parigi. Eppure, restare potrebbe rivelarsi più difficile del previsto.
Foto di apertura: AFP PHOTO / ludovic MARIN
Sitografia:
Agenzia Nova, Africa: le visite “parallele” di Macron e Lavrov riaccendono la rivalità tra Francia e Russia, 27 luglio 2022 (https://www.agenzianova.com/news/africa-le-visite-parallele-di-macron-e-lavrov-riaccendono-la-rivalita-tra-francia-e-russia/)
M. Bassets, J. Naranjo, Francia trata de evitar su Afganistán en África, su El Pais, 7 febbraio 2022 (https://elpais.com/internacional/2022-02-07/francia-trata-de-evitar-su-afganistan-en-africa.html)
L. Bianchi, Perché tanti africani odiano la Francia?, su Africa Rivista, 27 giugno 2021 (https://www.africarivista.it/perche-tanti-africani-odiano-la-francia/187456/)
P. Dagen, Art africain: la France coloniale au rapport, su Le Monde, 22 novembre 2018 (https://www.lemonde.fr/afrique/article/2018/11/21/art-africain-la-france-coloniale-au-rapport_5386252_3212.html)
V. Forson, Relation Afrique-France: un nouveau chemin?, su Le Point Afrique, 8 ottobre 2021 (https://www.lepoint.fr/afrique/relation-afrique-france-un-nouveau-chemin-08-10-2021-2446773_3826.php#xtmc=sommet-afrique-france&xtnp=5&xtcr=42)
V. Forson, Sommet Afrique-France: ce que les jeunes Africains ont dit à Macron, su Le Point Afrique, 9 ottobre 2021 (https://www.lepoint.fr/afrique/sommet-afrique-france-ce-que-les-jeunes-africains-ont-dit-a-macron-09-10-2021-2446883_3826.php#xtmc=sommet-afrique-france&xtnp=5&xtcr=45)
F. Gerits, Macron in Africa: a cynical twist to repair the colonial past while keeping a tight grip, su The Conversation, 25 agosto 2022 (https://theconversation.com/macron-in-africa-a-cynical-twist-to-repair-the-colonial-past-while-keeping-a-tight-grip-189175)
M. Giro, La Francia lascia il Mali per tentare di ricostruire un nuovo rapporto con l’Africa, su Domani, 26 febbraio 2022 (https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/francia-mali-europa-ricostruire-africa-m098ts0i)
F. Lavorgna, Ue-Africa, 150 mld per nuova partnership e un destino comune, su Il Sole 24 Ore, 14 marzo 2022 (https://www.ilsole24ore.com/art/ue-africa-150-mld-nuova-partnership-e-destino-comune-AE33P9JB)
Maliactu.net, Mali-France: Jusq’où ira le bras de fer?, 24 novembre 2022 (https://maliactu.net/mali-france-jusquou-ira-le-bras-de-fer/)
Radio France International, France: Emmanuel Macron officialise la fin de l’opération Barkhane, 10 novembre 2022 (https://www.rfi.fr/fr/france/20221109-emmanuel-macron-officialise-la-fin-de-l-opération-barkhane?utm_source=Internazionale+Audience+Generale&utm_campaign=b5460b5fe1-EMAIL_CAMPAIGN_2020_11_06_09_23_COPY_01&utm_medium=email&utm_term=0_01e663c180-b5460b5fe1-74486824)
C. Volpi, Francia: Il ‘nuovo partenariato’ di Macron può avere successo?, su Africa24.it, 21 settembre 2022 (https://africa24.it/2022/09/21/francia-il-nuovo-partenariato-di-macron-puo-avere-successo/)