Lo smartphone che parla cinquanta “lingue africane”

di claudia

Nel continente africano si parlano centinaia di lingue, a loro volta adottate da milioni di persone, che spaziano dalle cosiddette lingue locali a quelle inglobate dai colonizzatori. Ad Abidjan, in Costa d’Avorio, è stato brevettato ed è disponibile uno smartphone in grado di “parlare” una cinquantina di lingue africane, tra cui Kiswahili, Wolof, Fon, Goun, Dioula, Senoufo and Bété, per citarne alcune. L’obiettivo degli sviluppatori è di arrivare a cento. Il telefono, chiamato OpenG punta ad abbattere le barriere dell’analfabetismo, in particolare tra le persone anziane.

Lo smartphone è stato brevettato da un’idea dell’imprenditore Alain Capo-Chichi, fondatore e presidente dell’istituzione accademica Cerco Group. Ha un assistente ad attivazione vocale, KONE, dotato di intelligenza artificiale, che consente agli utenti di eseguire attività simili a quelle di Alexa di Amazon e Siri di Apple. Il Super smartphone è più accessibile come prezzo di quelli brevettati in Occidente e migliorerà la comunicazione. In Africa l’analfabetismo è una realtà. “La maggior parte dei nostri genitori non andava a scuola. L’idea, quindi, è quella di creare un telefono un po’ più intelligente che permetta loro di non scrivere più ma semplicemente di parlare”, ha spiegato Alain Capo-Chichi al Mail and Guardian.

Oltre all’arabo, al francese e all’inglese, il telefono “parla” più di 50 lingue africane, tra cui Fon e Goun (parlato in Benin), Wolof (Senegal), Bambara (Mali), Yoruba, Igbo (Nigeria), Kiswahili (Kenya e Tanzania) e Lingala (Repubblica Democratica del Congo), Baoulé, Senoufo, Dioula, Bété e Agni.

La difesa del patrimonio linguistico del continente è un’operazione che grazie alla tecnologia è oggi possibile e si sta man mano affermando. Solo nel maggio dell’anno scorso il celebre colosso tecnologico Google ha aggiunto dieci nuove lingue nel servizio di traduzione istantanea Google translate. Queste soluzioni aiutano ad abbattere le barriere linguistiche ma anche a preservare la cultura di un popolo che è racchiusa anche nella propria lingua.

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