di Angelo Ferrari
L’accesso alle tecnologie, il cosiddetto digital divide, è un fenomeno non ancora risolto in molti paesi africani. Ampie aree del continente, in particolare quelle più remote, sono escluse dall’accesso a internet. Ma non è solo una questione di infrastrutture che portano, per esempio, internet in queste aeree. E anche una questione di strumenti tecnici, di hardware. I cosiddetti device sono ancora troppo costosi per molta parte delle popolazioni africane. Non solo. Occorre anche saperli usare. E allora un giovane informatico della Liberia, ha deciso di portare la tecnologia nelle aree più remote del paese. E la fantasia non gli è mancata. Con un minibus raggiunge le scuole, parcheggia, e i suoi utenti sono gli studenti. Ma non è lì per portare i ragazzi a scuola o riportarli a casa. No. Ha attrezzato il suo pulmino come un vero e proprio laboratorio di informatica. Nella parte posteriore, anziché i posti per i passeggeri, ci sono una serie di computer portatili. Gli studenti salgono sul pulmino e imparano ad utilizzare questo strumento utile per il loro apprendimento.
Jeremiah Lloyd Cooper, un tecnico di informatica e telecomunicazioni di 36 anni, ha lanciato questo “Computer Lab on Wheels” (“sala computer su ruote” o “weblabomobile”) a novembre. Dopo aver lavorato nei cybercafé della regione, ha deciso di connettere le comunità rurali e ha ottenuto un finanziamento di 40mila dollari dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) per creare la sua start-up, New Breed Tech Hub (letteralmente New Formula Technological Pole). “Possiamo andare ovunque e formare bambini, giovani, donne in luoghi abbandonati”, dice. La sua azienda ha già fornito conoscenze informatiche a un migliaio di studenti. Lui stesso sente ancora l’umiliazione subita il primo giorno di università quando si presentò a un corso di informatica senza saper digitare su una tastiera. “Ho conseguito il diploma di maturità senza alcuna conoscenza informatica. Da allora, sogno di condividere le mie conoscenze informatiche con i ragazzi che superano il diploma di maturità”, confida. Dice che chiede agli studenti un piccolo contributo economico, ma afferma di poter generare reddito.
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La formazione all’utilizzo dei computer esiste quasi esclusivamente a Monrovia, la capitale del paese. Gli studenti delle zone rurali ci vanno apposta per imparare. Anche la Liberia, uno dei paesi meno sviluppati al mondo, è in ritardo per quanto riguarda Internet: solo il 26% della sua popolazione lo ha utilizzato nel 2020, rispetto al 70% del Sudafrica o al 90% dell’Australia, secondo il Banca Mondiale. La formazione offerta da New Breed Tech Hub è destinata agli studenti che hanno già accesso a Internet, ad esempio tramite telefono cellulare.
Il digital divide è un fenomeno particolarmente evidente in Africa, dove non solo influisce sulla vita della comunità, ma ha un impatto cruciale nel trasformare l’economia, la politica, l’istruzione e, addirittura, la diplomazia. Inoltre, è un fenomeno complesso, che riflette in larga parte alcune delle grandi fratture che dividono le società del continente africano. Comunità di appartenenza, status economico, posizione geografica e genere sono fattori che incidono fortemente sulla possibilità di accedere alle tecnologie digitali.
Per molti africani con redditi bassi è estremamente difficile poter acquistare strumenti capaci di accedere a Internet, come computer o smartphone. Esiste poi un problema di accesso alla rete: gli abbonamenti e il traffico dati sono molto costosi, specialmente se confrontati a quelli offerti in altre parti del mondo. Secondo l’Alliance for Affordable Internet, i costi di accesso alla rete sono ancora troppi onerosi e ha calcolato che Internet è davvero accessibile se un gigabit di traffico dati da smartphone costa meno di del 2% del reddito mensile. Su questa base la rete può essere definita “accessibile” e ciò accade in solo sette paesi dell’Africa Subsahariana.