di Marta Sachy
La lotta al razzismo non è appannaggio di chi lo sperimenta sulla propria pelle. Serve la partecipazione di chi intende dissociarsi dal “gruppo sopraffattore” cui appartiene. Ma attenzione al razzismo «inconsapevole e bonario» in cui è così facile incorrere!
Per la prima volta, alla loro 80ª edizione le premiazioni dei Golden Globes sono state presentate da un nero, il comico Jerrod Carmichael. Come ha affermato lui stesso, «sono qui perché nero!». Nel suo monologo iniziale ha scherzato dicendo: «Potrei dire o fare qualsiasi cosa, e non mi licenzierebbero. Non hanno avuto un nero nel mio ruolo per 79 anni e mandano via il primo? Sono illicenziabile».
La mia felicità nel vedere un afrodiscendente su quel palco ha immediatamente lasciato spazio a una serie di domande: ma quando vediamo persone Black, Indigenous, and People of Color (Bipoc) finalmente rappresentate, dobbiamo per forza parlare della loro razza? Perché dobbiamo focalizzarci su quello come fosse l’unica cosa che le definisce?
Da quando ho cominciato questa rubrica mi sono resa conto di quanto il tema della razzializzazione abbia preso il sopravvento, dove intendo razze e razzismo come fenomeno sociale discriminante. Mi sono sentita, come afroitaliana, “gentilmente” costretta a parlarne: l’opportunità di scrivere su una rivista di “amici dell’Africa!”, di persone che sono friendly su questi temi, mi ha spronato ad affrontare apertamente queste tematiche. Finalmente c’è uno spazio! Sarebbe un peccato sprecarlo! Contribuisce all’antirazzismo, ovvero a quella filosofia e lotta sociale che contrasta le dottrine e le pratiche del razzismo, che vuole permettere a tutti di avere pari opportunità a livello individuale e sistemico. L’antirazzismo mira a riconoscere e comprendere i privilegi personali e affrontare i sistemi di discriminazione razziale e/o lavorare per cambiare i pregiudizi razziali personali.
Quando si è veramente alleati per un equo cambiamento sociale inclusivo nel rispetto della diversità, ognuno ha un ruolo. Ognuno deve fare la sua parte. È importante unirsi per un obiettivo comune. E io, da inguaribile ottimista, credo sia possibile.
E i “bianchi” e le persone meno razzializzate come possono partecipare attivamente ad azioni antirazziste per contribuire a un cambiamento sociale liberatorio per tutti?
Agire da antirazzisti implica ammettere la posizione da cui si parla. Le classi dominanti, per lo più i “bianchi”, alle volte, seppur non razziste hanno una mancanza di percezione della propria stessa razza. Per quanto difficile da accettare, non essere di colore non significa non avere una razza.
Nell’ammettere di far parte della “razza bianca” si riconosce il privilegio sociale inconsapevole dato dalla propria bianchezza. Inoltre, ci si trova davanti alla fragilità bianca iniziando a percepire un sentimento di imbarazzo, fastidio e a volte anche senso di colpa nel riconoscere determinate strutture sociali che vantaggiano alcuni e discriminano chi non raggiunge lo standard.
Questa presa di coscienza e sensazioni sono alla base di una genuina pratica antirazzista perché non voler ammettere che si appartiene allo stesso gruppo sociale, quello della razza sopraffattrice, ci porta a sottovalutare le dinamiche di discriminazione e a perpetrare la disuguaglianza a nostro vantaggio.
So che tutti ci definiamo non razzisti, ma, a dispetto delle migliori intenzioni, anche il soggetto più convintamente contro il razzismo è succube di un razzismo interiorizzato e di strutture sociali che vanno analizzate e non devono più essere perpetuate.
Come dice Oiza Q. Obasuyi, «il razzismo è approvato e perpetuato anche dai “meno sospettabili”, un razzismo “inconsapevole” e “bonario” diffuso tra le persone comuni e accettato perfino da chi pensa di non avere stereotipi o pregiudizi».
Per questo mi sento di consigliare alcuni spunti per chi volesse meglio comprendere che cosa significhi essere bianchi in una società così profondamente divisa sul piano razziale:
Il progetto stop-afrofobia.org che parla appunto di l’afrofobia in Italia ascoltando i diretti interessanti su questo argomento;
Il pensiero bianco. Non si nasce bianchi, lo si diventa, di Lilian Thuram;
White Privilege. Essential Readings on the Other Side of Racism, di Paula S. Rothenberg;
Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche, di Reni Eddo-Lodge;
Fragilità bianca. Perché è così difficile per i bianchi parlare di razzismo, di Robin DiAngelo.
Solo facendo ognuno la propria parte, riusciremo a superare la disuguaglianza e a costruire una società più equa per tutti.
Grazie per esserci!
*Marta Sachy, direttrice della Fondazione Aurora, sarà tra le relatrici della prossima edizione di Dialoghi sull’Africa, in programma a Milano (e in streaming) sabato 1 e domenica 2 aprile. Programma e iscrizioni: https://www.africarivista.it/dialoghi23/