La moda del continente deve parte del suo valore a tradizioni millenarie di cui si avvale ancora oggi. Storie, usi, costumi e tessuti si intrecciano con uno sguardo puntato sul contemporaneo e attento alle novità. Volendo fare un viaggio tra queste storie, affasciante è quella del “Gomesi”, un lungo abito usato in Uganda, tradizionalmente diffuso nel Regno di Buganda, indossato dalle donne come simbolo di rispetto e dignità.
Conosciuto in Uganda anche come Busuuti, questo vestito colorato e lungo fino ai piedi, tradizionalmente diffuso nel Regno di Buganda, racchiude una storia e un messaggio. Il Gomesi veniva realizzato inizialmente con la cosiddetta “bark-cloth”, tela di corteccia o il tessuto di corteccia, materiale versatile che un tempo era comune in Asia, Africa e nel Pacifico. La corteccia proveniva principalmente da alberi della famiglia delle Moraceae. Oggi questa viene sostituita dal cotone.
Questo capo tradizionale non poteva mancare nelle funzioni religiose e agli eventi ufficiali. Lungo fino a terra, il Gomesi ha delle maniche a sbuffo non molto diverse da quelle degli abiti “vittoriani” e uno scollo quadrato. Il fascino è dovuto anche dai colori vivaci e dalla forma che ricorda un sari indiano.
Il matrimonio in particolare è l’occasione perfetta per indossarlo. Gomesi e tempo sono due binomi importanti: vestirsi con questo abiti richiede un certo impegno perché è ricco di stoffa e un po’ impegnativo da indossare. Prima di vestirsi con questo capo bisogna infatti indossare sotto un kikooyi, uno spesso tessuto di cotone.
Il gomesi fa risalire le sue origini all’era precoloniale quando le donne di Buganda si avvolgevano dal petto alla caviglia in un panno chiamato lubugo (panno di corteccia) ricavato dalla corteccia dell’albero Mutuba (Ficus natalensis) prima dei commercianti arabi e cristiani i missionari arrivarono con il cotone, che divenne il materiale preferito per gli indumenti.
Il forte valore simbolico di questo abito è racchiuso nelle parole di una sarta originaria di quella regione, intervistata dall’East African: ”È indossato a Buganda come abito tradizionale. Indossarlo è un vero onore, questo abito è un simbolo di rispetto e onore. Lo metto per occasioni speciali come matrimoni o per andare in chiesa. Allo stesso tempo indosso un Gomesi anche quando faccio lezioni come formatrice e consulente”.
Il Gomesi è perfetto per tutte le occasioni ha commentato Nakalema, una venditrice di frutta a Wabigalo. Muyingo, che negli anni ’70 e ’80 gestiva un negozio a Kampala che commerciava abiti per donne e bambini, afferma che un gomesi può consumare dai cinque ai sei metri di stoffa e può essere realizzato con tutte le forme di tessuto, tra cui cotone , seta, raso, lino. e sari.
Secondo alcune fonti come nnabagereka.org, l’origine di questo abito coloratissimo e costituito da più strati riguarda il primo Novecento, quando i missionari che vennero in Uganda e fondarono la Gayaza High School, il primo collegio femminile, notarono che l’abbigliamento indossato come uniforme scolastica richiedeva frequenti aggiustamenti da parte delle ragazze.
Tra il 1905 e il 1908, la preside Alfreda Allen chiese al signor Anton Gloria Gomes, un Goan indiano, che era un sarto, di progettare una versatile abito per le ragazze in cotone, racconta il sito.
Questo abito resiste al tempo nonostante la moda che cambia. “Il design rappresenta un’identità ugandese e promuove l’Uganda e la sua gente e nessun altro. È apparso sulla scena globale come qualcosa in cui l’Uganda eccelle, spiega all’East African Nakisanze, una docente di moda ugandese.