Nonostante il trattato di pace firmato nel novembre 2022, e nonostante l’attenzione globale sia focalizzata unicamente sul conflitto in Israele, i vescovi cattolici in Etiopia hanno pubblicato un’allarme che ricorda come la nuova ondata di violenza in Etiopia rischia di riaprire un nuovo sanguinoso conflitto. Tra il 2020 e il 2022 la guerra civile nel Tigray è già costata tra le 162.000 e le 600.000 vite.
Nonostante gli accordi di pace infatti, i combattimenti tra le milizie infuriano ancora oggi nella regione di Amhara, in gran parte perché i membri delle milizie Amhara, in particolare i combattenti di Fano, non hanno fatto parte dei negoziati che hanno portato all’accordo. Tali colloqui hanno coinvolto solo il governo etiope e il Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf), escludendo tutti gli altri gruppi armati che hanno preso parte alla guerra civile recente. Il bubbone è tuttavia esploso quando il governo centrale ha annunciato lo scioglimento di tutte le milizie presenti nel Paese.
In quel momento i guerriglieri di Amhara, in particolare quelli di Fano, hanno imbracciato le armi per resistere. I vescovi hanno descritto come la guerra civile abbia devastato diverse parti del Paese, rilevando che “il sangue dei cittadini che è stato versato nella terra di Tigray e Amhara, Afar, Oromia, Benishangul gumz, Sud, Somalia e Gambela e in altre aree ha rattristato tutti noi”.