Le “isole della luna” (dall’arabo Djzair al Qamar): così erano chiamate le Comore nell’antichità da marinai e pirati. Oggi sono una repubblica federale islamica, indipendente dalla Francia dal 1975, composta da tre scogli di origine vulcanica che affiorano nel Canale di Mozambico, tra il Madagascar e la costa orientale dell’Africa. Grande Comore, Anjouan e Moheli compongono la nazione-arcipelago (un quarto approdo, Mayotte, è rimasto sotto il controllo di Parigi). Dall’alto sembrano confetti gettati nel mare. Svetta il più vasto cratere della terra, il Karthala, dove si dice sia scomparso il trono della regina di Saba. Le rotte del turismo di massa non passano da qui. Colpa dell’instabilità politica che per decenni ha minato gli investimenti.
Trent’anni di golpe militari, riusciti o tentati, e di tentazioni secessioniste hanno quantomeno tenuto lontani gli speculatori, preservando l’ambiente. Questa è la patria dell’ylang-ylang, un fiore giallo dai lunghi petali a forma di stella, dal quale si estrae l’olio essenziale che è base di pregiati profumi, la cui fragranza si mischia nell’aria a quella della vaniglia e dei gelsomini. Le spiagge sono da cartolina. Per proteggersi dal sole, le donne si ricoprono il viso con pasta di legno di sandalo. La popolazione è il risultato di incroci tra arabi, bantù, malgasci e asiatici. Vive di pesca e di piccoli commerci. Le giornate sono scandite dai mercati, coloratissimi e animati, e dai muezzin che richiamano i fedeli alle preghiere e alle cerimonie tradizionali (straordinarie le feste da “mille e una notte” dei matrimoni). La stagione migliore per il viaggio va da maggio a novembre. comores-tourisme.net