Sono destinate a crescere le richieste di aiuti umanitari nelle regioni nord-orientali, dal 2012 teatro di una crisi politico-militare: a lanciare l’allarme è l’Onu per cui entro fine anno la situazione già “estremamente inquietante” dell’Azawad è destinata ad aggravarsi.
Particolarmente a rischio è la sorte dei 70.000 abitanti di Gao, dove la fornitura di acqua potabile è molto scarsa, rendendo la sopravvivenza quotidiana sempre più complessa. “Fuori dal capoluogo è ancora peggio: non c’è corrente elettrica quindi le pompe dell’acqua sono totalmente fuori uso” ha riferito Jean Laerke, portavoce dell’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha). La popolazione potrebbe anche attingere al fiume Niger, ma “dall’inizio del mese sono stati registrati 22 casi di colera e due vittime”; un rischio di contaminazione che in questo momento fa del terzo corso d’acqua più lungo dell’Africa una fonte di approvvigionamento rischiosa.
La situazione umanitaria particolarmente critica è conseguenza diretta della crisi che da gennaio 2012 sta tenendo in scacco le regioni settentrionali, occupate per un anno dai gruppi armati tuareg ed islamisti. Scontri, attentati e ordigni hanno contribuito a danneggiare le infrastrutture già vetuste e carenti dell’Azawad – estesa regione desertica dimenticata dalle istituzioni centrali – in particolare la rete di elettricità e di distribuzione dell’acqua potabile. Due settimane fa a Bruxelles la comunità internazionale si è impegnata per tre miliardi e 250 milioni di euro, da destinare in parte alla “ricostruzione” del Mali.
Ma per Bamako e i partner occidentali l’azione prioritaria riguarda l’organizzazione delle elezioni presidenziali in agenda per il 28 luglio. In visita ufficiale, il ministro degli Esteri Alain Juppé si è detto fiducioso “sull’organizzazione tecnica delle presidenziali”, ma ha ribadito che il voto “dovrà tenersi su tutto il territorio nazionale (…) è evidente che non ci possono essere due paesi in una sola nazione”. Il capo della diplomazia francese ha fatto riferimento al caso di Kidal, il capoluogo nord-orientale controllato dalla ribellione tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnal) e da altri gruppi armati. I ribelli, che temono violazioni da parte dell’esercito nazionale – per lo più costituito da soldati neri e originari del sud – auspicano il monitoraggio delle votazioni da parte dei caschi blu della missione di peacekeeping dell’Onu, che dovrebbe essere dispiegata entro luglio. Negoziati sponsorizzati dall’Africa occidentale sono in corso a Ouagadougou per ottenere dall’Mnla un via libera allo svolgimento dello scrutinio anche a Kidal.
Ma in città la situazione rimane instabile anche dal punto di vista della sicurezza: proprio ieri un soldato francese dell’operazione ‘Serval’ è rimasto ferito da un colpo d’arma da fuoco esploso da un sicario nei pressi della base militare. Nelle ultime settimane almeno tre attentati-suicida si sono verificati a Kidal: contro l’Mnla, contro un mercato e un punto di rifornimento in acqua frequentato dai soldati ciadiani della Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma). – Misna