In occasione della Giornata internazionale del Patrimonio Mondiale che ricorre oggi, 18 aprile, Survival International lancia un nuovo rapporto in cui accusa l’UNESCO di complicità in sfratti illegali e abusi contro i popoli indigeni. Il rapporto denuncia che molti Siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO sono teatro di gravi e continui abusi dei diritti umani legati alla conservazione.
Le indagini sul campo condotte dai ricercatori di Survival International in varie comunità indigene di Africa e Asia hanno portato alla luce ripetuti casi di torture, stupri e uccisioni di indigeni all’interno e intorno ai Siti Patrimonio dell’Umanità.
Un rapporto dettagliato descrive sei casi di Siti dichiarati Patrimonio Mondiale nelle terre rubate ai popoli indigeni, tra cui:
L’Area di conservazione di Ngorongoro, in Tanzania. In questa celebre località turistica vengono condotte operazioni di sicurezza intimidatorie e vengono negati i servizi di base, mentre il governo prosegue con il suo programma per sfrattare migliaia di Masai dalle terre in cui hanno vissuto per generazioni. L’UNESCO ha esplicitamente appoggiato la rimozione dei Masai. “Il sostegno dell’UNESCO viene usato per sfrattarci. Siamo davvero stanchi e confusi, non sappiamo quando moriremo” ha spiegato un leader masai citato da Survival nel rapporto.
Il Parco nazionale di Kahuzi-Biega, nella Repubblica Democratica del Congo. Questo parco è diventato Patrimonio Mondiale nel 1980. Nel 2019 le autorità del parco, con il sostegno dell’esercito congolese, hanno avviato una campagna per ripulire la foresta dai Batwa che erano tornati a vivere nella loro terra ancestrale, all’interno del parco. Hanno condotto diversi attacchi estremamente violenti contro i villaggi batwa, con numerose atrocità ben documentate.
L’UNESCO ha promosso un approccio basato sulla forza e sulla militarizzazione, e ha chiesto al governo di “aumentare la portata e la frequenza dei pattugliamenti” e di “evacuare gli occupanti illegali”. I Batwa sono stati colpiti pesantemente dalla violenza che ne è seguita, ma hanno dichiarato: “Viviamo nella foresta. Quando ci vedono, ci violentano. Se dovremo morire, moriremo, ma resteremo nella foresta”.
Il Parco nazionale di Odzala-Kokoua, nella Repubblica del Congo. È stato dichiarato Sito Patrimonio dell’Umanità nel 2023 nonostante nell’area siano stati ben documentati abusi, tra cui stupri e torture.
Survival International chiede all’UNESCO di:
Smettere di sostenere abusi dei diritti dei popoli indigeni nel nome della conservazione; togliere lo status di Patrimonio dell’Umanità a qualsiasi sito in cui si verificano atrocità contro i diritti umani; promuovere un modello di conservazione basato sul pieno riconoscimento dei diritti territoriali indigeni.
“L’UNESCO ha svolto un ruolo chiave nel legittimare molte delle più famigerate Aree Protette di Africa e Asia, e ha ampiamente ignorato le atrocità ben documentate commesse sotto i suoi occhi” ha commentato la Direttrice Generale di Survival International, Caroline Pearce. “Quelli che l’UNESCO definisce ‘Siti Patrimonio naturale dell’Umanità’ sono molto spesso terre ancestrali rubate ai popoli indigeni, che poi da queste terre vengono tenuti fuori con la forza, l’intimidazione e il terrore. La sua complicità è andata oltre il silenzio per arrivare fino a sostenere attivamente governi e iniziative che violano i diritti indigeni. L’UNESCO deve togliere lo status di Patrimonio Mondiale a qualsiasi sito in cui avvengono abusi simili.”
Foto di apertura: Donne e bambini baka nei pressi del Parco nazionale di Odzala-Kokoua, Repubblica del Congo. I Baka non possono più entrare nella loro foresta per raccogliere cibo o piante medicinali: questo danneggia sia i Baka sia la foresta stessa. © Martin Léna/Survival