Kenya, sotto attacco la scuola di Nicolò Govoni

di claudia

Sono giorni concitati nello slum di Mathare in Kenya dopo le alluvioni delle scorse settimane: dopo un decreto presidenziale che ha ordinato la distruzione di tutti gli edifici informali a 30 metri dal fiume, anche Still I Rise International School – Nairobi è finita nel mirino, ricevendo minacce di demolizione e richieste di estorsione da parte di pubblici funzionari distrettuali. Questo accade nonostante l’edificio della scuola non sia informale, sia regolarmente registrato al catasto e approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione kenyota.

A seguito della denuncia dell’accaduto sui social di Nicolò Govoni – CEO di Still I Rise – l’Ambasciata Italiana di Nairobi ha allertato immediatamente il Dipartimento di Polizia Giudiziaria kenyota e la Direzione Investigativa Criminale (DCI), mentre dall’Italia anche il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, si è mobilitato a supporto della Scuola di Still I Rise.
Nella mattina del 16 maggio una delegazione del DCI si è presentata presso la Still I Rise International School, insieme a 15 militari messi a difesa della struttura: dopo aver raccolto le dichiarazioni del Personale scolastico, l’agente di polizia che aveva richiesto la tangente è stato arrestato ed è partita un’investigazione sull’intero gruppo dei funzionari locali coinvolti nell’estorsione.

“In un Paese ad alto livello di corruzione, questo traguardo è già epocale, ma la nostra Scuola non è ancora salva – dichiara Nicolò Govoni – Se da una parte si sono fatti progressi incredibili nel caso di estorsione e corruzione, stiamo ancora aspettando che i periti del Ministero della Difesa kenyota confermino, una volta per tutte, l’approvazione del Ministero dell’Istruzione, avvalorando per sempre il futuro della nostra Scuola”.

La manifestazione dei bambini

Dopo la visita del Dipartimento di Investigazione Criminale e l’allerta da parte della Direzione della Scuola nei confronti del Governatore della Contea di Nairobi e del Ministro della Pubblica Istruzione del Kenya, nel pomeriggio del 16 maggio gli studenti e le studentesse di Still I Rise International School Nairobi sono stati protagonisti di una marcia pacifica insieme alla comunità locale di Mathare. Hanno sfilato con cartelloni e striscioni fino all’ufficio distrettuale dove lavora la rappresentante locale del governo (Chief), a sua volta coinvolto nel tentativo di estorsione di ieri, per consegnare una lettera di petizione per salvare la Scuola dalla minaccia di demolizione.

“Al nostro arrivo, però, la Chief si è rinchiusa nel suo ufficio, rifiutandosi di incontrarci e rimanendo barricata per ben tre ore, addirittura nascondendosi sotto la scrivania. Così abbiamo occupato l’edificio e i nostri bambini hanno trasformato una struttura spoglia in un parco giochi, riempiendo il cortile di giochi e risa”, racconta Nicolò Govoni. “Poi, è successo l’impossibile: la Chief, da dentro il suo ufficio, ha chiamato tre uomini senza alcun legame formale all’ufficio governativo, che hanno addirittura messo le mani addosso alle colleghe Susan e Grace. E a quel punto gli altri funzionari presenti nella struttura si sono ribellati. Dopo averli cacciati a forza dalla struttura, un gruppo di funzionarie ha preso a pugni e calci la porta della Chief, intimandole di uscire, ricordandole i passati episodi di corruzione in cui è stata coinvolta e davanti ai quali l’aveva fatta franca. Ispirati dal coraggio dei nostri bambini, nessuno aveva più intenzione di volgere lo sguardo”.

Al calar della notte, la rappresentante locale non è uscita dal suo ufficio. Doris, una delle studentesse di Still I Rise, ha allora letto la lettera da dietro la porta chiusa, per poi infilarla sotto la porta stessa e chiudendo così una giornata altamente significativa per i bambini e per tutta la comunità di Mathare.

“Per noi è questa la vittoria più grande: aver dimostrato a un’intera comunità che la corruzione è un morbo terribile, ma che si può sconfiggere”, conclude Govoni. “Se si collabora, questi mafiosi che giocano a fare Dio sulla pelle dei più vulnerabili possono essere consegnati alla giustizia, o quanto meno spinti a nascondersi sotto una scrivania per tre ore da un’orda di bambini che chiedono solo la libertà”.

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