Il Kenya in missione per la sicurezza di Haiti: quali prospettive?

di claudia

Di Carmen Forlenza – Centro studi AMIStaDeS APS

Il Kenya guida una missione internazionale per ristabilire la sicurezza ad Haiti, vittima della violenza di bande criminali. Il primo contingente di poliziotti è arrivato nell’isola caraibica alla fine di giugno, circondato da speranze e perplessità. Perché il Kenya si è assunto la leadership di questo intervento? Cosa ci si aspetta da questa missione?

Il 25 giugno il Kenya ha inviato ad Haiti il primo contingente di duecento poliziotti. A questo seguiranno altri arrivi per riunire mille poliziotti, tutti appartenenti alle forze speciali anti-terrorismo1. A capo della missione c’è Noor Gabow, un alto ufficiale con esperienza in operazioni di peacekeeping in Sierra Leone e Rwanda.

A partire dall’assassinio del presidente Jovenel Moïse nel luglio 2021, Port-au-Prince capitale dell’isola è in mano a bande armate. La situazione si è deteriorata dal febbraio di quest’anno, quando diverse bande si sono unite per chiedere la rinuncia del primo ministro ad interim Ariel Henry, con attacchi coordinati a stazioni di polizia, edifici governativi e infrastrutture chiave. Henry, impossibilitato a tornare ad Haiti da un viaggio in Kenya, dove si era recato per discutere la missione, si è dimesso dall’incarico. Il Paese è oggi governato dal Consiglio Presidenziale transitorio, che ha eletto come nuovo primo ministro ad interim Garry Conille, ex funzionario UNICEF, per guidare Haiti fino alle prossime elezioni nel 2026.

Le gang controllano oggi l’80% della capitale Port-au-Prince e diverse aree della regione dell’Artibonite, più a nord. Nei primi tre mesi del 2024 le bande hanno ucciso o ferito gravemente circa 2.500 persone e a causa di violenze, abusi sessuali e rapimenti, circa 580.000 persone hanno lasciato le loro case.

Jovenel Moïse

Dopo mesi di attesa, la Multinational Security Support Mission (o MSS) è stata autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell’ottobre del 2023, con la Risoluzione 2699, ma non è gestita dall’ONU. Il mandato dell’MSS è fornire supporto operativo alla polizia haitiana “costruendo la sua capacità attraverso la pianificazione e la conduzione di operazioni di sicurezza congiunte” per contrastare le bande criminali, proteggere le infrastrutture chiave e “contribuire a garantire un accesso libero e sicuro agli aiuti umanitari”.

Gli Stati Uniti hanno promosso la risoluzione, cercando un Paese disposto a guidare la missione e il presidente del Kenya William Ruto ha proposto la leadership kenyana nel luglio del 2023, sottolineando il suo impegno nei confronti del Panafricanismo. Questa proposta è stata giustificata in quanto il popolo haitiano è formato da discendenti di schiavi africani, deportati dai colonialisti spagnoli dopo aver decimato gli indios tainos nativi dell’isola.

Il Kenya ha assunto la guida della missione con il supporto di Bahamas, Bangladesh, Barbados, Belize, Benin, Chad e Jamaica che invieranno poliziotti e/o militari: la missione potrà contare su una forza di 2500 persone con l’obiettivo di sostenere la polizia haitiana nella lotta alle bande armate e creare le condizioni di sicurezza necessarie per le prossime elezioni che, per varie ragioni, non si tengono ormai dal 2016.

La missione durerà un anno, con un costo stimato di circa 600 milioni di dollari. L’ONU ha creato un fondo fiduciario dedicato per raccogliere donazioni volontarie dai Paesi2, e gli Stati Uniti oltre a partecipare al fondo hanno versato da soli più di 100 milioni di dollari per il contingente kenyano.

Le ragioni del Kenya per intervenire

Haiti è stata destinazione di diverse missioni internazionali, ma questa è la prima capitanata da un Paese africano, ed è approvata dall’ONU pur non essendo una classica operazione di peacekeeping con personale delle Nazioni Unite.

L’inizio della missione è stato posticipato più volte, sia a causa della crescente violenza e instabilità politica ad Haiti, sia per il veto della Corte suprema del Kenya alla missione. L’opposizione politica al governo di Ruto ha contestato l’impegno preso dal presidente, considerandolo illegittimo perché fuori dai poteri presidenziali e ha portato il caso nelle aule giudiziarie. In un primo momento la Corte suprema ha bloccato la missione, stabilendo che non è lecito inviare poliziotti in missione all’estero senza un accordo con autorità riconosciute del Paese ricevente, indipendentemente dall’ONU, e questo ha sospeso l’intervento fino alla firma di un accordo formale con Conille, primo ministro haitiano.

William Ruto
William Ruto

Ruto ha motivato l’intervento in Kenya in nome della solidarietà internazionale e del panafricanismo, sulla base di un’expertise che il Kenya ha accumulato in operazioni di peacekeeping all’estero e in operazioni anti-terrorismo in ambito domestico e alla frontiera con la Somalia. Il Kenya infatti ha contribuito ad interventi ONU di peacekeeping in Kosovo ed in Somalia, e partecipa attualmente a iniziative internazionali sostenute dagli Stati Uniti come l’Ukraine Defense Contact Group3 o la task force per garantire la sicurezza marittima nel Mar Rosso, guidata dalla marina statunitense.

L’iniziativa appare coerente con le ambizioni kenyane di svolgere un ruolo di leadership globale, rafforzando al contempo l’alleanza con gli Stati Uniti che, pur essendo molto interessati alla sicurezza nei Caraibi, per motivi geopolitici, possono evitare così un intervento diretto, dopo gli insuccessi di precedenti operazioni militari ad Haiti.
Ruto ha fatto visita alla Casa Bianca lo scorso 20 maggio. È stata la prima visita di stato di un presidente africano negli Stati Uniti da 16 anni4. Durante l’incontro, Biden ha riconosciuto che il Kenya si è affermato come un partner chiave degli Stati Uniti per la democrazia e la sicurezza, grazie agli sforzi contro i gruppi terroristici di al-Shabaab alla frontiera somala e alla missione in partenza ad Haiti.

Il presidente kenyano ha tenuto una cerimonia a Nairobi, prima dell’invio dei poliziotti ad Haiti, descrivendo l’intervento come “una delle missioni più urgenti ed importanti nella storia della solidarietà globale”. Monica Juma, Consigliera per la Sicurezza Nazionale, che ha accompagnato il contingente ad Haiti, ha dichiarato che considera la missione l’inizio di una forte relazione tra queste due nazioni, legate da una storia di deportazione e schiavitù, con un forte richiamo a una solidarietà africana transnazionale.

Elementi critici della missione

La gestione della missione ad Haiti è avvolta da incertezze, principalmente a causa della mancanza di supervisione diretta dell’ONU sul campo e delle informazioni contraddittorie provenienti dalle autorità haitiane, kenyane e statunitensi riguardo alle operazioni in corso. Dalle prime dichiarazioni dei membri del governo di Haiti sembrava che le forze kenyane non avrebbero combattuto direttamente con le bande, ma si sarebbero dedicate a formare i poliziotti haitiani. In seguito si è invece poi cominciato a parlare della protezione di aree critiche, mentre in occasione di un incontro con Biden, Ruto ha dichiarato che i poliziotti kenyani “spezzeranno le bande”.

L’opposizione al presidente kenyota critica la decisione di inviare poliziotti ad Haiti, nonostante i problemi di sicurezza in patria, vedendola come un segno di come il governo attuale pone gli interessi degli alleati Stati Uniti prima dei propri cittadini, con una missione “esternalizzata” dagli USA al Kenya.

Il 21 giugno Kenya e Haiti hanno firmato un accordo relativo alle forze di polizia, che conferisce privilegi e immunità al personale della MSS5. Considerando gli abusi compiuti da membri della MINUSTAH, l’ultima missione internazionale ONU ad Haiti, che includono uccisioni extragiudiziali, abusi sessuali, e l’introduzione del colera sull’isola, l’immunità desta estrema preoccupazione.

La polizia kenyana inoltre è già stata accusata di abusi e quasi in contemporanea con l’arrivo ad Haiti, la polizia a Nairobi ha aperto il fuoco contro manifestanti che protestavano per il rialzo delle imposte, causando la morte di almeno cinque persone e decine di feriti6. Cori ascoltati durante le dimostrazioni dicevano in Swahili “Tunawapigania sote tukule” – “Combattiamo per i diritti di tutti”, (includendo i poliziotti) e “Tunafight msiende Haiti..” – “Combattiamo affinché voi non andiate ad Haiti..”. Se la polizia kenyana non è capace di gestire le proteste in ambito domestico, senza ricorrere ad un uso sproporzionato della forza, come potrà contrastare le gang, senza ulteriori danni alla popolazione haitiana?

Dubbi anche sull’efficacia della missione rispetto alle barriere linguistiche: mentre i kenyani parlano inglese e swahili, gli haitiani parlano francese o creolo, e i poliziotti non hanno alcuna familiarità con il Paese né con la sua cultura, rendendo ancora più difficili la gestione delle operazioni sul campo.

Un ulteriore elemento critico, carico di ambiguità, è il coinvolgimento delle chiese evangeliche nella missione. Un gruppo di pastori evangelici, vicini a Rachel Ruto, moglie del presidente, ha discusso sia con membri della diaspora haitiana negli Stati Uniti, sia con gruppi evangelici ad Haiti della missione. In un’intervista con Reuters, i pastori Serge Musasilwa7 e Julius Suubi hanno riferito di essere convinti che i problemi di Haiti siano principalmente spirituali.

L’influenza evangelica sulla missione presenta delle criticità perché diversi gruppi evangelici, presenti ad Haiti dopo il terremoto del 2010 per progetti umanitari, sono stati accusati di traffico di minori e di intolleranza per pratiche spirituali locali proprie del vudù, un culto sincretico di origine africana parte dell’identità haitiana e praticato da gran parte della maggioranza cattolica dei cittadini, ma considerate dagli evangelici come sataniche.

Fonti

Consiglio di Sicurezza ONU, Risoluzione 2699 del 2 ottobre 2023 ;
J. Johnston, Center for Economic and Policy Research, 2024, «First Kenyan Forces Arrive in Haiti as Part of Latest Foreign Intervention» ;
D. Mohor, S. Jérôme, N. Kiage, The New Humanitarian, 2024 « Haiti in-depth: Ten key questions as Kenyan police deploy to restore order» ;
A. Ross, Reuters, 2024 «Act of faith: Kenya enlists evangelical pastors to guide Haiti mission».

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