La realtà delle università africane ritratta in un documentario

di claudia

di Annamaria Gallone

Selezionato alla Berlinale ’22 nella sezione e programmato nello stesso anno al FESCAAAL (Festival di Cinema Africa, Asia e America Latina) di Milano, “Nous étudiants” è ora disponibile su Rai Play. E’ il primo documentario sull’ambiente universitario africano visto da una prospettiva interna e condivisa.

Nestor, Aaron e Benjamin sono gli amici più cari di Rafiki. stanno tutti studiando economia all’Università di Bangui. Il giovane regista filma sé stesso e i suoi amici e cattura uno spaccato di vita quotidiana inedito di questo Paese remoto dell’Africa in cui i giovani si esprimono con sincerità davanti alla camera mettendo in gioco humour, emozioni e vita privata. Dopo le lezioni, il gruppo si ritrova davanti all’università o nel fatiscente pensionato studentesco per scambiarsi idee e preoccupazioni sul futuro. Studiare nel loro Paese è complicato, e senza soldi né senza protezioni potenti il rischio è di essere stritolati da un sistema corrotto di cui l’amministrazione scolastica, professori compresi, è complice. Può accadere che i voti vengano dispersi o che si deve pagare per il diploma, e una volta ottenuto anche lì le prospettive di lavoro rimangono scarse.

«Solo grazie all’accesso allo studio le nuove generazioni potranno cambiare mentalità e con essa la gestione del nostro Paese. In quanto studenti dell’università di Bangui, purtroppo ancora l’unica di tutta la nazione, siamo speranzosi, ma certo c’è anche molta delusione nel vedere come vanno le cose. E questo riguarda soprattutto la condizione delle ragazze: è fondamentale che possano avanzare negli studi senza subire molestie o dover andare a letto con un professore».

E ancora: “La classe al potere dovrebbe smetterla di manipolarci e di prenderci per cretini, siamo in grado di fare tutto se messi nelle giuste condizioni.” Così Rafiki Fariala diceva al Manifesto poco prima della proiezione alla Berlinale nel 2022 del suo film d’esordio.

Nato in Congo nel 1997, Rafilki durante la guerra fugge con la famiglia in Repubblica Centrafricana. Dirige il coro della scuola e in seguito inizia a comporre musica da solista: nel 2013 pubblica la canzone “Why War?” che lo rende famoso come musicista. Nel 2017 partecipa a un workshop di documentari organizzato dagli Ateliers Varan a Bangui, coordinati dal regista Daniele Incalcaterra e riesce co a realizzare il suo primo cortometraggio, You and Me, proiettato ai festival di Losanna, Montreal, Saint-Denis, Lille e Biarritz.

Nous, étudiants! co- produzione di Repubblica Centrafricana, Francia, Repubblica Democratica del Congo e Arabia Saudita, è il suo primo lungometraggio, che ci permette di scoprire un giovane talento molto promettente.

Il documentario intreccia la dura realtà con ironia e poesia: stipati nelle loro stanzette dai muri scrostati o nello squallido «campus» si intrecciano amori, delusioni, sogni del futuro, canzoni di rabbia contro le generazioni che continuano a occupare ogni potere…

Scopriamo così un cinema africano indipendente, che non guarda alle aspettative dell’Occidente, rompendo stereotipi e luoghi comuni sull’Africa.

“La condizione difficile del Paese entra nella nostra vita di studenti in molti modi, ad esempio dopo aver svolto degli esami capita spesso che non abbiamo i voti perché non si trovano le copie dei compiti e per risolvere il problema entra in gioco la corruzione dei lavoratori amministrativi dell’università. Per ottenere il diploma bisogna pagare e poi ci si ritrova con un semplice foglio di carta che non vale nulla se non si hanno relazioni all’interno della funzione pubblica. Quindi gli anni di studio sono spesso sprecati perché per trovare un lavoro è indispensabile avere delle conoscenze. La disoccupazione, infatti, è molto alta e il Paese è instabile, c’è scarsità di professori e spesso sono assenti per cui gli studenti devono dormire nelle aule in loro attesa”, afferma ancora Rafiki.

Qualcuno potrebbe dire che gli Ateliers sono una nuova forma di neocolonialismo, ma la cooperazione è indispensabile per formare delle persone che possano prendere in mano la loro vita e operare un cambiamento. Infatti, Calcaterra sostiene che in un Paese afflitto da un’infinità di problemi, è importante vedere i risultati, anche se ottenuti con l’aiuto della Francia.

«La cooperazione è indispensabile per un paese affamato ma credo sia molto importante formare delle persone affinché possano prendere in mano la loro vita» ha affermato. «I ragazzi che hanno seguito il corso sentono la responsabilità di mostrare per primi delle immagini del loro paese molto diverse da quelle raccolte dai giornalisti occidentali». Ed è estremamente importante che i giovani abbiano potuto esprimersi in totale libertà.

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