Guinea: proteste, morti e niente di nuovo da segnalare

di claudia

Proteste, morti e niente di nuovo da segnalare: è questo il clima che si respira a Conakry, capitale della Guinea, dove ieri non si è celebrata la presa del potere da parte dei militari, avvenuta il 5 settembre 2021, e dove presumibilmente non si celebrerà l’auto-nomina di Mamady Doumbouya (nella foto), il prossimo 1 ottobre. Una mancata celebrazione che è, in un certo senso, una notizia: da giorni infatti si svolgono manifestazioni di protesta nella capitale e il 4 settembre una donna è rimasta uccisa, caduta sotto i colpi di arma da fuoco della polizia: era a bordo di un taxi a Sinfonia, periferia nord di Conakry, quando è stata raggiunta da un proiettile. Da lì, è successo un putiferio, il solito putiferio.

Una morta che non fa notizia perché soltanto una e in un solo giorno, in un Paese abituato a conti molto più dolorosi. L’opposizione continua a convocare manifestazioni e la polizia a reprimerle con la forza, un gioco che sembra una partita di scacchi volta.

I golpisti della Guinea, contrariamente ai loro colleghi dei paesi saheliani, sembrano continuare a godere di credito internazionale da parte dei vecchi partner, il quartetto Nazioni Unite-Stati Uniti-Francia-Unione Europea, e in questi giorni il leader della giunta, Doumbouya, è a Pechino per partecipare al vertice di cooperazione sino-africano. Eppure, in questi ultimi tre anni, la repressione e l’impronta militare in Guinea si sono fatti sentire e sono, ogni giorno, sempre più soffocanti: lo scorso 22 maggio le autorità hanno ritirato l’approvazione a quattro stazioni radio e due televisioni, tra i principali media privati della Guinea, e lunedì scorso hanno sospeso il rilascio delle autorizzazioni ad associazioni e organizzazioni non governative a causa di “azioni volte a turbare l’ordine pubblico, portate avanti sul campo da diverse Ong e movimenti associativi”.

Ci sono poi i morti nelle manifestazioni, che nonostante la fine del regime di Alpha Condé sono andate avanti imperterrite, sempre sedate nel sangue, e centinaia e centinaia di arrestati: molti leader dell’opposizione sono stati arrestati negli ultimi anni, incriminati davanti ai giudici o costretti all’esilio. Uno dei casi più clamorosi è avvenuto il 9 luglio, quando sono stati arrestati due leader del Fronte nazionale per la difesa della Costituzione (Fndc), un movimento cittadino che chiede il ritorno dei civili al potere e che è tra i principali attori dell’opposizione in piazza.

I due arrestati, Foniké Menguè e Mamadou Billo Bah, non sono mai tornati a casa, risultano letteralmente scomparsi nel nulla e da allora i loro cari non hanno più avuto loro notizie: ieri, in una lettera aperta, le mogli dei due attivisti hanno chiesto “al popolo della Guinea e alla comunità internazionale di denunciare il desiderio espresso dalla giunta al potere di eliminare i nostri mariti”. Il procuratore generale della Guinea ha negato che i due siano stati arrestati e ha ordinato indaginim sulla loro scomparsa: “Nessun istituto penitenziario del Paese detiene queste persone, soggette a rapimento” e il 30 agosto, l’ambasciata americana in Guinea ha dichiarato di essere “profondamente preoccupata per la scomparsa e il benessere” dei due.

Una reazione rara, nella comunità internazionale, che commenta poco o nulla quanto succede in Guinea e l’atteggiamento repressivo della giunta al potere. 

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