Cina e Africa: come cambiano i rapporti?

di Marco Trovato

di Stefano Pancera

L’ultimo Forum sulla Cooperazione tra Pechino e l’Africa, tenutosi settimana scorsa, ha segnato una nuova fase nella collaborazione tra la Cina e il continente. Il presidente Xi Jinping ha annunciato ambiziosi progetti di sviluppo, in particolare nei settori dell’energia pulita e delle tecnologie digitali. Tuttavia, l’Africa rimane divisa e priva di una strategia comune, mentre cresce l’esigenza di un riequilibrio delle relazioni con la Cina, con una maggiore attenzione all’industrializzazione e alla trasparenza.

“I fiori in primavera si trasformano in frutti in autunno… in questa stagione di raccolto, sono lieto di discutere grandi progetti per l’amicizia e la cooperazione Cina-Africa nella nuova era.” Queste sono state le prime parole pronunciate dal presidente cinese Xi Jinping, durante l’apertura dei lavori del Forum on China-Africa Cooperation (FOCAC) della scorsa settimana. Anche per i cinesi, le parole sono importanti. Di solito.
Da quando, tre anni fa, si è tenuta l’ultima riunione, Pechino ha consolidato la sua posizione come leader del “mondo in ascesa”, cercando il consenso africano attraverso la promozione di modelli di modernizzazione alternativi a quelli occidentali. La Cina mira a creare una “comunità dal destino condiviso” con l’Africa, rafforzando gli scambi di esperienze di governance.

Xi ha insistito sul concetto di “modernizzazione” nel nuovo corso delle relazioni e su un futuro comune nel Sud globale. A queste parole si sono affiancate promesse concrete: dieci pacchetti di sviluppo per un totale di 360 miliardi di yuan (circa 50 miliardi di dollari), nonostante la situazione debitoria cinese.
Sebbene i 50 miliardi di dollari di quest’anno siano inferiori ai 60 miliardi promessi nel FOCAC del 2018, restano superiori ai 40 miliardi dell’edizione del 2021, mostrando una certa continuità. Tuttavia, non è chiaro quanto di questi importi sia stato effettivamente erogato, dato che mancano statistiche ufficiali, e anche i beneficiari africani non hanno spinto per una maggiore trasparenza.


FOCAC 2024 non è stato solo un incontro “business as usual”, ma una piattaforma per rilanciare una filosofia che fonde elementi della tradizione confuciana e africana (Ubuntu) per scrivere insieme il nuovo scenario di una globalizzazione alternativa. I 54 voti africani alle Nazioni Unite, la giovane demografia del continente e la cooperazione sino-africana rafforzano la narrativa di una Cina come “centro di una comunità globale alternativa”.
Tanto che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ironizzato dicendo che “non ha senso per l’Unione Europea costruire una strada tra una miniera di rame e un porto se entrambe sono di proprietà della Cina”. Ma con la transizione da mega infrastrutture alla strategia del “small but beautiful” (piccolo ma bello), Pechino punta a selezionare progetti ad alto rendimento e che rafforzino concretamente la sua influenza.

Tra i punti cardine della nuova cooperazione ci sono lo sviluppo di progetti sull’energia pulita, con 30 iniziative per promuovere una rivoluzione energetica globale. Le crescenti restrizioni commerciali da parte di Stati Uniti ed Europa spingono la Cina a rivolgersi direttamente al mercato africano, con un potenziale di crescita quasi illimitato. Secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, Cina e Africa potrebbero essere i promotori della rivoluzione delle energie rinnovabili. Anche la tecnologia digitale, con le reti 5G e le soluzioni di e-commerce, è al centro delle nuove intese, insieme alla collaborazione accademica tra 100 università cinesi e africane e 25 centri di ricerca per l’innovazione.

Pechino si prepara a lavorare con l’Africa per creare una piattaforma di scambio di esperienze di governance e una rete di conoscenza con 25 centri di studi dedicati. L’obiettivo è coinvolgere 1.000 membri dei partiti politici africani in un dialogo più stretto con la Cina, a partire dalla governance statale e di partito.


Tuttavia, l’Africa appare ancora sommessa nella definizione dell’agenda di Pechino. Le divisioni interne al continente e la mancanza di una strategia comune impediscono un approccio più proattivo e strutturato nei confronti della Cina. Dopo ventiquattro anni di forum di cooperazione, l’Africa non ha ancora una strategia unitaria, mentre la Cina ne ha già prodotte almeno quattro. Questa frammentazione rappresenta una debolezza evidente, che limita le possibilità di costruire un futuro realmente condiviso.
I governi africani, però, stanno diventando più cauti e selettivi. Anche se non sono mai stati ingenui, oggi negoziano con maggiore attenzione, chiedendo più equità e trasparenza. La nuova generazione africana pretende rapporti più bilanciati e la partecipazione della Cina all’industrializzazione del continente, con l’obiettivo di trasformare le risorse africane sul posto piuttosto che limitarsi all’esportazione di materie prime.
Il futuro delle relazioni sino-africane dipenderà dalla capacità dell’Africa di elaborare una strategia più coerente e coesa, mentre la Cina continuerà a cercare il suo posto come leader di una nuova globalizzazione.

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