Kenya: “la polizia spara durante le proteste e non sembra polizia”, la denuncia di Amnesty

di claudia

di Andrea Spinelli Barrile

Lo scorso 25 giugno agenti della polizia keniota in borghese e senza alcun segno di riconoscimento ufficiale, secondo una denuncia diffusa nei giorni scorsi da Amnesty international, ha sparato proiettili veri contro i manifestanti presso il complesso del parlamento nazionale, a Nairobi. Quel giorno, il disegno di legge finanziaria era in programma per una terza lettura all’Assemblea nazionale e alcuni dimostranti hanno assaltato brevemente il parlamento, fomentati anche da alcuni parlamentari dell’opposizione usciti dall’aula ad aizzare la folla. La polizia aprì il fuoco.

Le proteste della GenZ keniana, durate settimane e contrastanti la legge finanziaria, che fu approvata dal Parlamento e cancellata dopo un’ora dal presidente Ruto, che così avrebbe voluto mostrare alla piazza la sua volontà al dialogo e all’ascolto, hanno lasciato sul terreno oltre 50 morti e visto il ricovero di centinaia di persone ferite, in modo più o meno grave, in tutto il Paese. Il 25 giugno però, accusa Amnesty, le cose sono andate ancora peggio: quel giorno si è assistito all’impiego di agenti in borghese, “senza tesserini identificativi, uniformi o veicoli contrassegnati come auto della polizia che hanno sparato attivamente ai manifestanti e ne hanno arrestati altri”. In rete, da quel giorno, circolano decine di video in cui si vedono manifestanti bloccati e trascinati su pickup e automobili da uomini in abiti civili e secondo Irũngũ Houghton, direttore di Amnesty Kenya, l’organizzazione è riuscita a ricostruire i fatti di quella giornata in un dossier distribuito ieri.

Ad oggi, 12.000 persone hanno firmato una petizione di Amnesty International che chiede l’istituzione di una commissione giudiziaria d’inchiesta e l’accertamento delle responsabilità per le morti e i feriti causati dall’uso illegale della forza da parte della polizia contro i manifestanti in Kenya.

La ricostruzione degli eventi della giornata del 25 giugno è stata condotta, ha spiegato Houghton, insieme a cinque partner e si è basata su interviste a 23 testimoni e sull’analisi di decine di video e fotografie: mentre i dimostranti disarmati entravano nel Parlamento, uomini in abiti civili sono stati “visti dalle telecamere mentre sparavano con fucili e pistole verso la folla e in aria”. Sono stati contati 45 colpi in 60 secondi: tre testimoni affermano di avere visto sei cadaveri di altrettanti manifestanti, a loro avviso uccisi proprio da colpi di arma da fuoco all’interno del complesso dell’Assemblea nazionale. Uno di loro sostiene che ad essere morto sotto i proiettili della polizia sia un suo amico.

Nella sua ricostruzione, Amnesty sostiene che tra le armi riconosciute ci sono fucili modello G3, Ak-47 e Galil, mitragliatrici Cz Scorpion Evo 3, vari tipi di fucili da caccia (caricati con proiettili a impatto cinetico) e proiettili ad impatto. Secondo il rapporto di Amnesty, le immagini delle telecamere di sicurezza e i video diffusi sui social in quelle ore mostrano gruppi di uomini in abiti civili che portano armi, anche di grosso calibro, e lavorano a fianco della polizia: diverse fotografie ritraggono cinque, sei uomini in borghese che puntano fucili contro i manifestanti, immagini che sono state anche pubblicate sui media internazionali in quei giorni. Secondo Amnesty, quel giorno la polizia keniota ha sparato illegalmente gas lacrimogeni e ha picchiato e trattenuto arbitrariamente (anche per giorni) decine di dimostranti pacifici.

Ma non solo: gas lacrimogeni sono stati sparati in almeno due campi medici e diverse volte vicino ai campi mentre i feriti ricevevano cure. Un medico ha detto di aver visto una granata lacrimogena cadere in un edificio di un terzo campo medico usato come stanza per curare i pazienti. Nonostante i medici indossassero sempre indumenti riconoscibili, un medico è stato colpito al petto da un proiettile a impatto cinetico, mentre un altro è stato arrestato e poi rilasciato.

Secondo la Commissione nazionale per i diritti umani del Kenya (Knchr), le organizzazioni per i diritti umani hanno facilitato il “rilascio di oltre 300 persone detenute illegalmente” il 25 giugno. A fine agosto, la Law society of Kenya aveva documentato 72 persone che erano state rapite, rilasciate o erano ancora scomparse: 13 sono scomparse il 25 giugno e altre 23 sono scomparse entro sette giorni da questa protesta.

Foto afp

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