a cura di Stefania Ragusa
Un concentrato di vis polemica, arguta e divertente nel senso etimologico della parola: in grado cioè di volgerci altrove rispetto ai tracciati abituali, così da cogliere l’inconsistenza e le smagliature che affliggono il sistema museale ed espositivo delle arti africane in Italia. Questo è in estrema sintesi Le arti africane dagli spiriti delle foreste ai musei (Argolibri, 2024, €19). L’autore, Aldo Tagliaferri, nella sua lunga carriera, si è molto occupato di estetica e ha viaggiato nel continente. Il libro prende le mosse dall’inaugurazione del Museo delle Culture (Mudec) di Milano, nel 2015, e dallo iato prodottosi tra le intenzioni dichiarate – incentivare la comprensione di un altrove fisico e temporale – e i risultati effettivamente ottenuti. Africa. La terra degli spiriti, la mostra di esordio, nella sua sciatteria generalista, evidenzia molto bene il limite della musealizzazione italiana, intrappolata in una narrazione dell’Africa oscillante tra la «Scilla del mercato» e la «Cariddi della cellula frigorifera in cui sono esposti resti di mondi lontani travolti […] dall’avanzata impetuosa della cultura tecno-informatica».
Tagliaferri propone aneddoti personali e riflessioni critiche. Il filo che unisce gli argomenti è la ricerca intorno al forte impatto che le arti africane hanno avuto sulla cultura occidentale e sui fraintendimenti (vedi la trasformazione degli oggetti rituali in soprammobili di pregio) che spesso hanno accompagnato questo incontro.
Se è vero – e lo è – che l’Africa «ha parlato a lungo come un ventriloquo», costretta al falsetto della narrazione eurocentrica, la soluzione non è semplicemente dare un microfono a chi ritiene di rappresentarla. È essenziale, suggerisce l’autore, risalire ai motivi profondi di questa sottrazione vocale, andando alla loro ricerca con coraggio, indicando le responsabilità di istituzioni, gotha accademico e benintenzionati missionari.