Il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, ha effettuato questa settimana una serie di licenziamenti tra i funzionari di alto rango del governo. Le motivazioni ufficiali non sono state rese note, ma questa ondata di cambiamenti segue il licenziamento del capo dell’intelligence, generale Akol Koor Kuc, avvenuto all’inizio di ottobre, segnando un potenziale punto di svolta nell’equilibrio di potere del Paese.
Tra le figure rimosse figurano Santino Deng Wol, capo dell’esercito dal 2021; il capo della polizia Atem Marol Biar; il governatore della Banca Centrale, James Alic Garang. La stampa locale ha descritto queste misure come parte di “una epurazione” all’interno dell’apparato statale.
Alcuni osservatori collegano questi licenziamenti a dinamiche interne di potere e alla crisi economica che sta colpendo il Sud Sudan, acuita dalla cessazione delle esportazioni di petrolio a causa del conflitto in Sudan. Secondo Daniel Akech Thiong, analista dell’International Crisis Group, il presidente Kiir sta conducendo da due mesi una “continua ristrutturazione del settore della sicurezza”, riflettendo un crescente malcontento interno e la necessità di consolidare il controllo sui vertici dello Stato.
Un episodio particolarmente significativo è avvenuto il 21 novembre presso la residenza del generale Akol Koor Kuc, in circostanze ancora poco chiare. Secondo alcune indiscrezioni, l’ex capo dell’intelligence sarebbe stato al centro di un complotto contro il presidente, con il rischio di un arresto imminente. Sebbene queste voci rimangano non confermate, l’accaduto ha alimentato tensioni e speculazioni. Nel frattempo, l’esercito sudsudanese ha istituito una commissione d’inchiesta per chiarire quanto accaduto il 21 novembre. Parallelamente, il generale Paul Nang Majok si insedierà giovedì 12 dicembre come nuovo capo dell’esercito, in una cerimonia prevista a Juba.