In Burundi continua la repressione della libertà di stampa

di claudia

di Céline Nadler

La fragilità della libertà di stampa è una realtà più che evidente in Burundi, piccolo Paese dell’Africa centro-orientale dove emergono gravi restrizioni e repressioni contro i media, nonostante alcuni progressi come il miglioramento nella classifica della libertà di stampa e proposte di riforme legislative.

È un’analisi che, nonostante alcuni progressi, evidenzia un clima ancora segnato da restrizioni e pratiche che evidenziano la fragilità della libertà di stampa in Burundi quella proposta dal portale Iwacu a inaugurazione del 2025.

Sebbene nel 2024, il Burundi sia avanzato nella classifica mondiale della libertà di stampa al 108° posto su 180 Paesi, dal 114° posto che occupava nel 2023, testimoniando un certo sforzo da parte dell’amministrazione del presidente Évariste Ndayishimiye, che, fin dall’inizio del suo mandato, aveva lanciato un appello ad una maggiore collaborazione tra governo e media con il suo famoso slogan “Mai senza media”, questo barlume di speranza rimane, secondo Iwacu, velato da una persistente realtà di repressione.

Infatti, quasi cinque anni dopo la promulgazione della legge n. 1/19 dell’11 settembre 2018 che disciplina la stampa in Burundi, il dibattito su questa normativa continua, con il ministro responsabile dei Media, Léocadie Ndacayisaba, che ha chiesto l’anno scorso una revisione di alcune disposizioni per adattare il quadro giuridico all’evoluzione della professione e rafforzare una cultura democratica basata su una stampa libera e indipendente.

Tra le principali modifiche proposte figurano il riconoscimento delle radio comunitarie e delle specificità legate al loro funzionamento, la considerazione della stampa online – ambito del tutto assente dalla legge del 2018 – e l’ampliamento dei diritti e dei doveri dei giornalisti. Tuttavia, questi sforzi si scontrano con realtà difficili: molti media registrati presso il Consiglio Nazionale delle Comunicazioni (Cnc) del Burundi impiegano giornalisti senza contratto di lavoro o retribuzione dignitosa, una situazione che nuoce alla professionalizzazione del settore, denuncia Iwacu.

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Altro punto di rilievo del 2024 analizzato dal media burundese è stato il dibattito sulla depenalizzazione parziale dei reati di stampa. A differenza della legge del 2013 che sostituiva le pene detentive con multe per reati commessi a mezzo della stampa, le leggi del 2015 e del 2018 hanno ripristinato le sanzioni penali. L’attuale disegno di legge propone una depenalizzazione parziale per reati quali insulto o affermazione dannosa, a condizione che siano commessi in buona fede.

Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2025, il Cnc ha anche adottato un codice di condotta per i media durante le elezioni, generando forti critiche. Questo testo, preparato unilateralmente, impone severe restrizioni, compreso il divieto di pubblicare risultati parziali senza l’approvazione della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (Ceni), il che suscita dubbi sull’effettiva possibilità di riferire gli eventi senza infrangere le regole.

Infine, nonostante i discorsi ufficiali a favore della libertà di stampa, Iwacu ricorda che diversi eventi avvenuti nel 2024 hanno dimostrato la persistenza della repressione contro i media. Così Sandra Muhoza, accusata di “minaccia all’integrità del territorio nazionale” e di “avversione razziale” per commenti condivisi su WhatsApp, è stata condannata a 21 mesi di carcere.

Anche il giornalista Pantaléon Ntakarutimana, corrispondente della rivista Jimbere e della radio Indundi Culture, è stato messo in custodia di polizia il 13 luglio per due giorni nel comune di Bweru, nell’est del Burundi, prima di essere rilasciato. Un altro esempio di repressione contro i media è stato l’arresto, il 30 giugno, del corrispondente della Radio-Televisione Isanganiro a Gitega, Gérard Nibigira. Quest’ultimo è stato molestato e arrestato dal questore della polizia municipale, prima di essere portato alla stazione di polizia provinciale, dove è stato privato della libertà per più di tre ore.

La sede del giornale Iwacu è stata inoltre bersaglio di un attacco nella notte del 25 giugno, quando sono state lanciate pietre dai terreni vicini. L’assalto è stato interrotto con l’intervento della polizia.

Un altro esempio di repressione l’ha vissuto il giornalista Pascal Ntakirutimana, capo del dipartimento politico di Iwacu, vittima di un tentativo di rapimento da parte di persone in uniforme della polizia il 5 giugno. Infine, il corrispondente di Iwacu a Gitega, Jean-Noël Manirakiza, è stato picchiato a maggio del 2023.

Uno sviluppo positivo ma considerato tardivo è stato invece il rilascio di Floriane Irangabiye, dopo più di due anni di detenzione. Arrestata nel 2022 e condannata a dieci anni di carcere per aver criticato il governo, la sua detenzione è stata definita ingiusta da molte organizzazioni per i diritti umani.

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