Quali sfide attenderanno l’Unione africana nel 2025?

di claudia

Di Federico Pani Centro studi AMIStaDeS APS

Il 37° Summit dell’Unione Africana (UA) ha evidenziato i limiti strutturali dell’organizzazione nel fronteggiare conflitti, colpi di stato e crisi democratiche. Nonostante i progressi parziali, l’UA sembra faticare a garantire coesione e credibilità. L’Agenda 2063 rappresenta una speranza per rilanciare integrazione e sviluppo, ma serve una maggiore volontà politica da parte degli stati membri.

Il 17 e 18 febbraio scorso, il 37° Summit dell’Unione Africana si è riunito ad Addis Abebacon l’obiettivo di rilanciare l’integrazione del continente, affrontando conflitti civili in aumento e le diverse crisi sociali, economiche e politiche. Al centro del dibattito, la ricerca di nuovi strumenti per superare i limiti storici dell’organizzazione, ispirandosi agli ideali del rinascimento africano e del panafricanismo.

L’incapacità dell’Unione Africana di rispondere efficacemente ai cambiamenti dell’ordine globale riflette limiti e carenze strutturali radicati nella sua storia, ereditati dall’Organizzazione dell’Unità Africana, che hanno prodotto frammentazione economica e istituzionale. La disunità tra stati membri e blocchi regionali è emersa in particolare durante i colpi di stato, con divisioni su approcci repressivi o dialogo per preservare i meccanismi costituzionali. L’esitazione a condannare alcune elezioni come fraudolente ha ulteriormente minato la reputazione dell’organizzazione come garante delle norme democratiche.

Dal 2000 al 2014 il continente ha registrato un calo dei colpi di stato rispetto ai decenni precedenti, mentre i dati dell’Africa Leadership Change segnalano livelli record di alternanza democratica alla guida dei paesi. Tuttavia, dal 2019 ad oggi, dieci colpi di stato hanno riportato in primo piano l’instabilità, costringendo l’UA a sospendere sei paesi governati da regimi militari dopo la deposizione delle autorità civili.

L’assetto intergovernativo dell’UA, con limitata libertà d’azione, ha spesso causato pochi progressi, se non casi di regressione, nel perseguire il mantenimento dei processi democratici del continente. Alle volte, le decisioni prese dall’UA sono state ignorate, indebolendo la credibilità dell’organizzazione. Emblematici i casi del Togo, dove nel 2024 il presidente Faure Gnassingbé (al potere dal 2005) ha rimosso i limiti di mandato per estendere il suo governo, e della Repubblica Democratica del Congo, dove Felix Tshisekedi ha avanzato una proposta simile. L’Ibrahim Index of African Governance del 2024 conferma la regressione: sebbene tra il 2014 e il 2023 ci siano stati miglioramenti, questi riguardano solo metà della popolazione africana.

Molte delle difficoltà istituzionali che l’UA ha dovuto affrontare sono comuni ad altre organizzazioni multilaterali in un momento di crescente attrito internazionale. Di fronte alla ridefinizione dei rapporti di potere internazionali e ai nuovi centri di gravità economica (evidenziati, ad esempio, dal gruppo BRICS), l’Unione Africana necessiterebbe di un rinnovamento profondo che potrà scaturire da una presa di coscienza collettiva e da una volontà di rinascita intellettuale e politica. In questo senso, l’introduzione dell’Agenda 2063 come quadro di sviluppo rappresenta un primo passo avanti: quest’ultima avrà il compito di ampliare la consultazione tra società civile e stati membri, incrementando la partecipazione dei cittadini, agevolando la condivisione delle informazioni e rafforzando il senso di responsabilità comune.

la bandiera dell'unione africana

L’UA ha quindi obiettivi ambiziosi e strumenti necessari per la mediazione e il mantenimento della pace, ma ancora fatica a sfruttarli appieno a causa di una carenza di forza politica e finanziaria. Un ostacolo importante è il sostegno spesso incerto da parte degli stati membri, più impegnati a difendere la propria sovranità che a promuovere la sicurezza collettiva e la cooperazione regionale. Per rispondere alle sfide future, sarà fondamentale che gli stati membri siano disposti a sacrificare gradualmente parte della loro autonomia a favore di un’integrazione più profonda.

Inoltre, l’UA dovrà migliorare la gestione dei suoi sistemi di osservazione elettorale, spesso inefficaci e disattenti rispetto ai contesti locali. Un esempio lampante è l’invio di missioni in Togo poco dopo il colpo di stato costituzionale di Gnassingbé. Inoltre, l’organizzazione dovrà rivedere l’uso delle sanzioni economiche, preferendo misure più mirate per evitare danni alla popolazione. L’incapacità di implementare pienamente il proprio piano di sviluppo economico resta uno degli ostacoli principali per il raggiungimento degli obiettivi. In quest’ottica, l’integrazione regionale diventa un obiettivo imprescindibile: aumentare il commercio tra i paesi africani potrebbe ridurre la dipendenza dalle risorse naturali e stimolare la crescita economica, ampliando il mercato interno.

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