“Panico generale” e, anche, “psicosi”: la Caritas della diocesi di Maroua-Mokolo descrive in questi termini lo stato d’animo delle popolazioni dell’Estremo nord del Camerun al confine con la Nigeria a seguito di incursioni e stragi nei villaggi attribuite al gruppo islamista Boko Haram.
Il quadro della situazione, in particolare nell’area della parrocchia di Nguetchéwé, a una trentina di chilometri dalla frontiera, è tratteggiato in un rapporto frutto di visite nei villaggi e colloqui con rappresentanti delle autorità locali.
La constatazione di fondo è che la zona di Nguetchéwé è diventata “un teatro chiave delle operazioni del gruppo islamista”. A segnalare un’intensificarsi dell’insicurezza è stato l’assalto del 26 dicembre a Baljouwel, un villaggio di contadini perlopiù cristiani situato nel mezzo della savana, in un’area dove le strade sono pressoché inesistenti. Stando alla ricostruzione della Caritas, per quasi 24 ore un centinaio di uomini armati ha potuto devastare, depredare e uccidere senza che la polizia o l’esercito intervenissero: “Hanno cominciato a urlare Allah Akbar, circondato il villaggio, saccheggiato le case, portato via le capre e i montoni, appiccato il fuoco e ucciso gli uomini”.
Il bilancio dell’assalto è stato di 37 vittime e 137 case bruciate. La popolazione è stata traumatizzata, sottolinea la Caritas, e i campi di miglio, fagioli, arachidi e cotone sono stati devastati. Ma Baljouwel è solo uno dei villaggi del nord del Camerun presi d’assalto nelle ultime settimane. Vittime e distruzioni sono state segnalate anche a Zénémé (24 case date alle fiamme e tre morti), Hodogo, Goldavi, Tala-Gozélé e Vouzi.
Nel rapporto si sostiene che la “caratteristica comune di questi villaggi è che gli abitanti non sono di religione islamica” mentre le “comunità musulmane costituiscono il principale bacino di reclutamento” di Boko Haram. Una circostanza, questa, che secondo la Caritas è all’origine di una complessa geografia di vittime, fiancheggiatori e basi di partenza della violenza islamista. “Come spiegarsi – si chiedono gli autori del rapporto – che villaggi come Bornori, Djibrili, Talakatchi, Chérif-Moussari, Zénémé, Goudza Vréket, Goldavi, Talkomari, Kuyapé e Nguetchéwé restano tranquilli e sono regolarmente attraversati da membri del gruppo islamista che poi compiono altrove le loro violenze? Hanno già stretto un’alleanza con Boko Haram?”
Un problema, questo dei rapporti tra comunità locali e islamisti, rilevante anche ai fini della repressione da parte dell’esercito. “Ci sono forti complicità nei villaggi – sottolinea la Caritas – e questo rende ancora più difficile per le Forze armate proteggere la popolazione”. La parte conclusiva del rapporto è dedicata alle implicazioni umanitarie della crisi. Secondo la Caritas, nei dipartimenti di Mayo-Sava e di Mayo-Tsanaga i prossimi sei mesi potrebbero saranno caratterizzati dalla carestia. “In molti villaggi – si evidenzia nel rapporto – i raccolti sono stati distrutti e l’allevamento del bestiame è stato annientato”. Già oggi nel nord del Camerun gli sfollati sarebbero circa 200.000, bisognosi di cibo e assistenza medica, dalla quale oggi sono completamente esclusi. – Misna