E’ in costante peggioramento la situazione umanitaria nella ricca provincia mineraria del Katanga (sud) come conseguenza diretta dell’insicurezza alimentata dalla milizia dei Mayi Mayi Bakata-Katanga e da altri gruppi armati: lo riferisce l’emittente locale Radio Okapi citando l’Agenzia Onu per gli affari umanitari (Ocha). Dall’inizio dell’anno attacchi a città e villaggi, scontri con l’esercito regolare nel capoluogo regionale di Lubumbashi hanno già causato decine di vittime e costretto alla fuga più di 300.000 persone. E’ particolarmente critica, secondo l’Ocha, la situazione del territorio di Malemba Nkulu, dove sono stati registrati almeno 40.000 sfollati. “C’è un livello di insicurezza alimentare davvero preoccupante che colpisce soprattutto i bambini. Poi la zona è quella più colpita dalla tubercolosi” ha sottolineato Vision Mondiale, l’unico operatore umanitario presente nel Malemba Nkulu.
Alla luce di una situazione umanitaria difficile, nei giorni scorsi la società civile del Katanga ha lanciato un nuovo appello alle autorità, chiedendo di convocare una conferenza di pace per “lottare all’insicurezza e affrontare i problemi economici, politici e sociali della nostra provincia” ha detto Pierre Muteba. La milizia in questione viene sospettata di propugnare idee secessioniste, in una provincia già teatro di tentativi simili dopo l’indipendenza dal Belgio, nel 1960, promossi anche da interessi occidentali.
In effetti fanno gola a società private e pubbliche, soprattutto internazionali, le sterminate risorse minerarie del Katanga, “sfruttate in condizioni lavorative deplorevoli, estremamente pericolose da molti minatori artigianali che lavorano a mani nude”: la denuncia è contenuta nell’ultimo rapporto di Amnesty International. L’organizzazione di difesa dei diritti umani ha registrato tra 70.000 e 150.000 minatori artigianali, chiamati ‘creuseurs’, di cui migliaia di minorenni, che scavano nei siti di rame, cobalto e cassiterite, “sfruttati, sottopagati e stipati in container”. Amnesty punta il dito su “istituzioni deboli, corruzione endemica, instabilità politica e assenza di giustizia”, identificate come cause “delle diffusissime e gravi violazioni dei diritti umani”. Oltre alle aziende e ai compratori stranieri, il rapporto evidenzia la responsabilità di Kinshasa che “non fa rispettare il codice minerario e le regole che consentirebbero di evitare tali abusi”. – Misna