“Queste leggi approvate un po’ troppo velocemente da un parlamento zoppicante rappresentano una bomba a orologeria invece di risolvere una volta per tutte le questioni di identità e di proprietà delle terre”: lo ha detto Laurent Dona Folgo, presidente del Raggruppamento per il progresso, la pace e la condivisione (Rpp), un partito di opposizione, a pochi giorni dal voto su due leggi che modificano le norme in materia di nazionalità e accesso alla proprietà della terra.
Le riforme sono state varate venerdì scorso durante la quarta sessione straordinaria dell’assemblea nazionale con sede ad Abidjan, con il voto unanime dei 223 deputati presenti in aula. L’esponente di opposizione auspica una “lunga campagna di informazione per evitare che alcuni aspetti di queste leggi vengano successivamente rimessi in discussione”. Sia il riconoscimento della cittadinanza ivoriana che la proprietà dei terreni sono stati tra le cause scatenanti del decennio di crisi che ha diviso il paese in due, a partire dal 2002. Su queste riforme non c’è stato alcun dibattito e nel parlamento che le ha votate non siede alcun rappresentante del principale partito di opposizione, il Fronte popolare ivoriano (Fpi) dell’ex presidente Laurent Gbagbo.
Il nuovo testo sul diritto fondiario riprende quello già in vigore dal 1998 dando, però, altri dieci anni di tempo alla popolazione per farsi registrare e avere titoli di proprietà; per ottenerli bisogna essere cittadino ivoriano.
Più controverso è invece il contenuto della legge sulla nazionalità: invece di dover affrontare la procedura di naturalizzazione, finora in vigore, i richiedenti potranno ottenerla facendo una semplice dichiarazione. La riforma facilita l’ottenimento della cittadinanza ivoriana e quindi anche dei titoli di proprietà da parte degli stranieri, per lo più burkinabé e maliani che vivono da decenni nella regione occidentale, cuore produttivo del cacao e del caffè, a scapito dei locali.
“La popolazione sta cominciando a criticare il modo in cui queste due riforme cruciali sono state adottate. In tanti auspicavano un referendum per risolvere nel modo più inclusivo e consensuale possibile i due nodi delle ultime crisi. E invece sono state approvate da un parlamento nel quale non siede l’opposizione” ha detto alla MISNA un difensore locale dei diritti umani che preferisce rimanere anonimo. “Gli emendamenti alla legge sulla terra – aggiunge l’attivista – sono in realtà una falsa riforma: ancora una volta rischia di non venire applicata poiché la procedura amministrativa prevista per ottenere i titoli di proprietà è troppo costosa per gli ivoriani; è solo un rimandare di altri 10 anni”. In merito all’altra legge, l’interlocutore della MISNA teme “per le conseguenze di un futuro aumento della popolazione ivoriana con un colpo di bacchetta magica” e per “le troppe interferenze politiche che hanno minato il delicato dibattito sull’essere ivoriano (ivoirité)”.
L’adozione delle due riforme era stata promessa da tempo dall’attuale presidente Alassane Dramane Ouattara, in carica da due anni. L’ex colonia francese è attualmente alle prese con un percorso di giustizia e di riconciliazione tutto in salita dopo la crisi elettorale del 2011 conclusa con più di 3000 vittime. Due anni dopo il paese è ancora diviso tra chi sostiene Ouattara e chi resta vicino a Gbagbo. In seguito alla loro recente scarcerazione, decine di personalità legate all’ex capo di Stato si sono dette pronte ad avviare una “battaglia anche legale”, ritenendosi vittime di “detenzione illegale”. – Misna