«La violenza per ora si è più fermata. Ma abbiamo passato momenti molto duri tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. I negozi sono stati saccheggiati. Le sedi delle Ong sono state date alle fiamme. Le case sono state occupate da miliziani. Le chiese e le stazioni di polizia sono state attaccate». La testimonianza di un missionario cattolico che vive e lavora a Bangui parla di un Paese, la Repubblica centrafricana, sempre in bilico tra la pace e il riesplodere delle violenze. Sembrava infatti che il processo di transizione fosse ben avviato quando l’uccisione di un taxista musulmano il 26 settembre ha riacceso le tensioni.
«L’omicidio del taxista – continua la nostra fonte – ha acceso la rabbia dei musulmani che si sono scatenati contro i cristiani. A loro volta, i cristiani hanno imbracciato le armi e hanno reagito. Per giorni nella capitale ci sono stati scambi con armi pesanti e granate. Quando si attraversava la città bisognava sempre stare attenti ai colpi vaganti». Questa nuova esplosione di violenza ha già provocato una trentina di morti, più di un centinaio di feriti e oltre 27.000 sfollati.
Nonostante gli scontri siano andati via via scemando, la stabilità è ancora lontana. Martedì sette militari della missione delle Nazioni Unite in Centrafrica (Minusca) sono stati attaccati e sequestrati nelle scorse ore da un gruppo armato nella città di Boali, a un centinaio di chilometri dalla capitale Bangui. I caschi blu sono stati poi liberati, ma disarmati e senza equipaggiamento, ha specificato il portavoce dell’Onu Stephane Dujarric. Sempre nella prefettura di Ombella Mpoko, dove si trova Boali, inoltre una seconda postazione della Minusca è stata attaccata a colpi d’arma da fuoco da tre uomini non identificati.
La società civile chiede le dimissioni del Presidente di transizione, Catherine Samba-Panza, la partenza delle forze delle Nazioni unite e di quelle del contingente francese e la ricostruzione delle Forze armate centrafricane. «Sono richieste assurde – continua il missionario -: se il Presidente di transizione lasciasse ci sarebbe un vuoto di potere. E poi chi proteggerebbe la popolazione se non ci fossero le forze Onu? Il ripristino delle forze armate è da evitare, tra gli ex militari ci sono elementi che si battono solo per il ritorno di Bozizé». Un obiettivo, quello del ritorno al potere dell’ex Presidente François Bozizé per cui si battono le milizie «cristiane» anti Balaka. Da parte loro i musulmani godono di forti sostegni finanziari provenienti soprattutto dai Paesi del Golfo. In questo senso, la crisi va letta non solo come uno scontro tra comunità di fede diversa ma, soprattutto, come una partita più grande, legata alla gestione delle risorse naturali (diamanti, legname pregiato e uranio).
Nonostante questo ci sono molte organizzazioni che si battono sul terreno per riportare la pace e perché si avvii un confronto sereno tra musulmani e cristiani. «Molte Ong e organizzazioni della società civile lavorano per la riconciliazione. E ci sono molte organizzazioni nelle quali musulmani e cristiani lavorano insieme. Sono segni di speranza, anche se la situazione è difficile. Mi chiedo spesso: quando tornerà la pace nel mio Paese?».