La “rivoluzione del 30 giugno” 2013, che ha condotto alla destituzione del presidente Morsi, “ha aperto una nuova pagina nei rapporti tra il popolo e la polizia, ponendo fine allo stato di polizia e proteggendo la dignità dei cittadini”. Lo ha detto il presidente egiziano ad interim, Adly Mansour, secondo quanto scrive Al Ahram online, ad una cerimonia per la Festa della Polizia, che ricorre il 25 gennaio e coincide con l’anniversario della rivoluzione del 2011. Un cerimonia solenne come non ve ne erano state negli ultimi tre anni, cui ha partecipato anche il ministro delle Difesa Abdel Fatah Sisi, che si è presentata come una dimostrazione di forza ed unità tra polizia ed esercito (la prima da tempo screditata, il secondo depositario di una nuova popolarità per la deposizione di Morsi), alla vigilia del 25 gennaio, quando si temono nuovi e scontri di piazza con i sostenitori di Morsi.
La rivoluzione del 2011, ha detto ancora Mansour secondo Al Ahram, aveva “riparato la frattura tra il popolo e la polizia”, frattura provocata “dagli abusi di potere e dalle trasgressioni commesse da alcuni ufficiali e individui”, la cui responsabilità non dovrebbe però essere estesa, ha aggiunto, “all’intero apparato di polizia”. Ma proprio la rivoluzione del 25 gennaio, ha proseguito, ha reso chiaro che la polizia deve evitare gli abusi precedenti, e che il suo ruolo è circoscritto da leggi che gli agenti devono rispettare.
Dopo il 25 gennaio la polizia – ricorda Al Ahram online – era in una sorta di sciopero non dichiarato contro ciò che percepiva come l’ostilità dei media per gli abusi compiuti ai tempi del presidente Hosni Mubarak. Presidente che ora è nuovamente a processo, insieme al suo ministero dell’interno, per l’uccisione di centinaia di dimostranti nel 2011.
La polizia dovrà garantire la sicurezza “nelle prossime elezioni presidenziali e parlamentari” ha detto ancora Mansour.
Il quale ha però deluso chi si aspettava l’annuncio che il voto per il nuovo presidente si terrà prima delle legislative. E ha ribadito l’impegno a vincere la guerra contro il terrorismo, un fenomeno che ha ripreso vita dopo la destituzione di Morsi soprattutto nel Sinai, ed a causa del quale hanno perso la vita decine di soldati e poliziotti.
Proprio oggi cinque agenti sono stati uccisi e altri due sono stati feriti ad un posto di blocco attaccato da uomini armati a Beni Suef, ad un centinaio di km a sud della capitale. Ma proprio ieri un rapporto di Human Rights Watch denunciava l’uso eccessivo della forza da parte della polizia nella repressione dei sostenitori di Morsi: repressione in cui hanno perso la vita circa 1300 persone – precisa l’organizzazione – e vi sono stati oltre 3500 arresti, fra i quali anche attivisti anti-Mubarak come i leader del movimento 6 aprile. (ANSAmed).