“La destituzione del prefetto dell’Atlantique-Littoral, Placide Azandé, e del commissario centrale di Cotonou, Pierre Agossadou, entrambi responsabili della sanguinosa repressione della marcia pacifica dello scorso 27 dicembre”: è la condizione posta dalle confederazioni, centrali e federazioni sindacali del Benin per tornare al tavolo negoziale con il governo. Il comunicato a firma dei leader delle organizzazioni sindacali aggiunge che “minacce e intimidazioni attuate dal governo, in particolare la decurtazione degli stipendi per i giorni scioperati, hanno spinto i lavoratori a portare avanti lo sciopero generale”.
Il primo appello a scioperare è stato indetto lo scorso 7 gennaio ed è già stato rinnovato più volte, sempre per una durata di 48 ore alla settimana. La stampa beninese ha riferito di un paese che “funziona a rilento in ogni settore di attività: pubbliche amministrazioni, scuole, sanità e giustizia”. Alla base del movimento di protesta ci sono rivendicazioni salariali che variano in base alla categoria professionale: aumento di stipendio del 25% per gli insegnanti, rivalutazione di alcune indennità, della copertura sanitaria e delle pensioni nell’amministrazione. In realtà il punto di partenza dell’ondata di scioperi è stata la repressione di una manifestazione dei sindacati autorizzata dal comune di Cotonou. Un mese dopo i rappresentanti dei lavoratori continuano a chiedere “il rispetto delle libertà democratiche e sindacali” ma anche “garanzie di sicurezza e incolumità per singoli cittadini, responsabili sindacali, esponenti di partiti e organizzazioni che non condividono gli stessi punti di vista del potere”.
Dal 2012 il paese dell’Africa occidentale è regolarmente teatro di manifestazioni sociali motivate dal malcontento economico e, sempre di più, dal deteriorarsi del clima politico che ipoteca le libertà individuali. Il presidente-economista Thomas Boni Yayi, eletto nel 2006, è stato riconfermato per un secondo mandato nell’aprile 2011. Ad accrescere ulteriormente il malumore nei confronti del potere è la possibile revisione della Costituzione che consentirebbe a Boni Yayi di candidarsi a un terzo mandato, nel 2016. Per di più la crescente corruzione è motivo di allarme per Washington che il mese scorso ha deciso di cancellare il Benin dall’elenco dei paesi beneficiari del Millenium Challenge Account (Mcc) per l’anno 2014. – Misna