La campagna di discredito e di intimidazione contro le ong impegnate nel soccorso dei migranti ha reso più pericoloso avventurarsi nelle acque al largo della Libia. Ma non ha fermato il lavoro di un manipolo di irriducibili volontari.
Per Salvini e Di Maio sono “taxi del mare” che incentivano i trafficanti di esseri umani. Secondo gli esperti dell’Ispi, non esiste relazione tra navi delle ong e partenze degli scafisti. Gli analisti fanno anzi notare che, malgrado il crollo degli arrivi in Italia – meno 80% dal 2017, in seguito agli accordi tra Roma e Tripoli –, il numero dei morti o dispersi in mare è sensibilmente aumentato. Nel 2018, hanno perso la vita nel Mediterraneo più di 2500 persone; da gennaio, almeno 200 (quelle di cui abbiamo notizia). La campagna di discredito e intimidazione contro le ong, culminata nella chiusura dei porti, ha reso la traversata più pericolosa.
Oggi, solo due imbarcazioni civili portano soccorso nelle acque internazionali al largo della Libia: la Sea-Watch (finita al centro della polemica perché bloccata per giorni davanti a Siracusa, con il suo carico di 47 migranti, prima che cinque Paesi europei accettassero di accoglierli) e la Sea-Eye, un ex peschereccio (cui si riferisce il servizio fotografico di queste pagine) che prende il largo ogni giorno in un braccio di mare divenuto il più letale al mondo.
«La criminalizzazione delle ong e dell’aiuto è iniziata ben prima di Salvini», ricorda Mario Giro, docente di relazioni internazionali, viceministro degli Esteri nel governo Gentiloni e tra i pochi politici a contestare l’accordo siglato dal ministro dell’Interno Minniti con Tripoli. «Chiunque si ribelli alla chiusura totale delle frontiere è tacciato di complicità e financo denunciato. È lo stesso ragionamento che fanno i sostenitori della pena di morte e che una volta facevano gli schiavisti: siccome ci sono dei cattivi (in questo caso i trafficanti), occorre reagire con pari cattiveria; ogni buonista è traditore. Ma così la civiltà regredisce.
Portato all’eccesso, questo modo di ragionare somiglia tanto alla regola dei nazisti: disumanizzare l’altro (da profughi a gitanti in barca, per esempio) per cancellare ogni remora di coscienza, ogni pudore, ogni vergogna. Sappiamo che invece la civiltà è progredita accettando di aprirsi ai diritti anche e soprattutto in epoche dure, quando c’era da pagare un prezzo. Se i trafficanti sono per la morte, noi dobbiamo continuare a essere per la vita. Senza se e senza ma: non esiste una difesa della vita condizionata, parziale, contabilizzata. La vita, o la difendi sempre e comunque, o ti metti dalla parte di chi uccide».
Gli ultimi irriducibili volontari nel Mediterraneo reagiscono alla politica litigiosa e inerte di un’Europa blindata e senz’anima. Con le loro navi non salvano solo delle vite, ma l’umanità e il destino stesso del nostro continente.
(Marco Trovato – foto di Raphaël Fournier)