La famiglia Calò. La più conosciuta, e probabilmente la prima, delle famiglie italiane che hanno accolto in casa propria degli immigrati. Non per una settimana, non per un mese, ma… finché lo Stato non si decida a dare uno status a dei ragazzi sbarcati sulle rive siciliane via Libia. Antonio Calò e Nicoletta Ferrara hanno già quattro figli quando, nel 2015, sentono di non poter restare con le mani in mano. «Stanno morendo tutti, non si può continuare così – sbotta un giorno Antonio all’indomani del naufragio con 700 morti –, dobbiamo fare qualcosa. Non abbiamo niente… ma possiamo aprire la nostra casa».
Non hanno un vero progetto, non pensano a un’accoglienza a lungo termine. Sono solo una famiglia cattolica – in un paesino del Trevigiano dove «alcuni ci vedevano male perché di mentalità troppo “aperta”, perché giudicati “di sinistra”» – che avverte impellente la «chiamata» di Cristo. Vengono loro assegnati sei giovani provenienti dall’Africa occidentale, musulmani. In forma di diario, la madre di famiglia racconta lo svilupparsi delle relazioni con loro, e tra i “vecchi” e i “nuovi” figli, nonché l’impatto che la loro scelta ha sulla comunità locale, tra marcate diffidenze e gesti di aperta solidarietà. Non mancano i dubbi, le incertezze, soprattutto nei primi tempi. Né la denuncia delle tempistiche «irragionevoli»: «In questa accoglienza lunga non siamo aiutati dalle istituzioni, dalle leggi. Siamo aiutati dagli amici, certo, ma anche lo Stato dovrebbe essere presente in modo più pragmatico». Né poteva mancare uno sguardo sul momento attuale: «Siamo scettici e un po’ sfiduciati. Adesso tutto è più difficile. Il decreto Salvini ha eliminato anche la protezione umanitaria. Abbiamo pochissime speranze per i nostri ragazzi, che per noi sono figli. Non possiamo credere che non si tenga conto del percorso fatto da loro in famiglia».
La tonalità dominante del racconto è però quella positiva; c’è anche la “contemplazione” della bellezza, fisica e soprattutto interiore, di questi ragazzoni (qualcuno con la moglie rimasta a casa e un figlio nato durante l’emigrazione): ricchi di valori religiosi, culturali, umani. Una storia che merita di essere conosciuta così, dalla viva voce della protagonista. Il coprotagonista, il marito, ha ricevuto a nome della famiglia alti riconoscimenti, dal presidente Mattarella e dall’Europarlamento.
La prefazione è di Alex Zanotelli, che ha caldeggiato la pubblicazione del libro e che ha conosciuto personalmente i coniugi Calò.
Emi, 2019, pp. 144, € 14,00
(Pier Maria Mazzola)