A dicembre vertice Usa-Africa per contrastare la Cina

di claudia

di Angelo Ferrari – Agi

Il Burkina Faso è stato escluso l’African Growth Opportunities Act (Agoa) degli Stai Uniti. Una notizia che non fa certo piacere a Ouagadougou e che arriva e meno di un mese del vertice Usa-Africa a Washington. Gli Stati Uniti spiegano che la decisione deriva dalla mancanza di progressi democratici dopo due colpi di Stato militari nel Paese.

L’esclusione diventerà operativa dal 1 gennaio 2013. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, attraverso una lettera al Congresso americano spiega di aver preso questa decisione perché il “governo del Burkina Faso non ha fatto continui progressi nell’instaurazione del rispetto dello stato di diritto e del pluralismo politico”. Biden aggiunge che queste condizioni sono necessarie per essere parte attiva del programma Agoa. In una dichiarazione, l’ambasciatrice americana per il commercio Katherine Tai ha insistito sulla necessità che “il Burkina Faso prenda le decisioni necessarie per rispettare i termini dell’accordo e il ritorno della democrazia. Fornirò al Burkina Faso una chiara tabella di marcia per rientrare nel programma e la nostra amministrazione lavorerà con loro per raggiungere questo obiettivo”, ha aggiunto. L’elenco dei membri del programma viene rivisto ogni anno e, oltre al Burkina Faso, altri tre paesi africani sono già stati esclusi dal programma quest’anno: Etiopia, Guinea e Mali. Nel primo è ancora in corso una guerra non risolta definitivamente, gli altri due paesi sono stati teatro di colpi di stato.

Lanciato nel 2000, l’African Growth Opportunities Act mira a facilitare le esportazioni africane negli Stati Uniti per sostenere lo sviluppo attraverso, in particolare, riduzioni delle tasse all’importazione, fatte salve condizioni legate al rispetto dei diritti umani e al buon governo. Il programma Agoa è un tratto distintivo della politica americana per il continente africano. Voluto da Clinton, rafforzato da Bush, prorogato da Obama nel 2015 per ulteriori 10 anni e mantenuto da Trump, che consente alle merci africane di accedere liberamente ai mercati americani, potrà essere rafforzato, e la politica di Biden va in questo senso, grazie alla prospettiva dell’area di libero scambio nel continente africano.

Di questo e di molto altro, si parlerà nel mese di dicembre durante il vertice a Washington tra Stati Uniti e paesi africani. Biden ha parlato di un appuntamento volto a “dimostrare l’impegno duraturo degli Stati Uniti nei confronti dell’Africa e a sottolineare l’importanza delle relazioni Usa-Africa e di una maggiore cooperazione su priorità globali condivise. In una nota diffusa dalla Casa Bianca, Biden, che non ha ancora visitato il continente africano, ha spiegato che il vertice “si baserà sui nostri valori condivisi per promuovere meglio un nuovo impegno economico; rafforzare l’impegno Usa-Africa nei confronti della democrazia e dei diritti umani; mitigare l’impatto del covid e delle future pandemie; collaborare per rafforzare la salute regionale e globale; promuovere la sicurezza alimentare; promuovere la pace e la sicurezza; rispondere alla crisi climatica e rafforzare i legami con la diaspora”.

Joe Biden
Joe Biden

Un programma ampio per un vertice che anticipa di qualche mese quello tra Russia e Africa, che si dovrebbe tenere nella prima parte del 2023, e che, soprattutto, tende a rafforzare la presenza americana in Africa per contrastare la massiccia influenza cinese nel continente. A tale proposito un alto funzionario dell’amministrazione americana, sentito dalla Reuters, nel precisare che il vertice riunirà circa cinquanta leader africani, ha sottolineato che l’amministrazione non “chiede di scegliere” tra Stati Uniti e Cina: “Riteniamo che gli Stati Uniti offrano un modello migliore, ma non chiediamo ai nostri partner di scegliere”. Più semplicemente, contrastare la Cina sul piano commerciale è impresa ardua.

Il commercio bilaterale totale tra il continente africano e la Cina nel 2021 ha raggiunto i 254,3 miliardi di dollari, in crescita del 35,3% su base annua. L’Africa ha esportato 105,9 miliardi di dollari di merci in Cina, un valore in crescita del 43,7% anno su anno. La Cina, dunque, è rimasta il principale partner commerciale dell’Africa per 12 anni consecutivi. A ciò si aggiungono gli investimenti infrastrutturali. Le banche di sviluppo cinesi hanno prestato più del doppio rispetto a quelle di Stati Uniti, Germania, Giappone e Francia messe insieme.

Se si considera il periodo 2007-2020, la China Exim Bank e la China Development Bank hanno erogato finanziamenti per 23 miliardi di dollari, mentre le principali istituzioni finanziarie per lo sviluppo messe insieme hanno erogato solo 9,1 miliardi di dollari. Tra queste ci sono la Japan Bank for International Cooperation e Japan International Cooperation Agency, le tedesche Kfw e Deg, la Us International Development Finance Corporation, la Fmo olandese, la Banca di Sviluppo dell’Africa meridionale e la francese Proparco. La stessa cosa vale per le banche multilaterali di sviluppo come la Banca Mondiale. Questi istituti bancari hanno fornito una media di appena 1,4 miliardi di dollari all’anno per accordi su infrastrutture pubblico-private in Africa subsahariana dal 2016 al 2020. Pechino, dunque, non si limita a investire in cambio di materie prime. Si preoccupa, soprattutto, degli asset strategici dei vari paesi africani. Rimane, nemmeno tanto sullo sfondo, che l’Africa fa un po’ gola a tutti.

Angelo Ferrari – Agi

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