Da giugno la Croce Blu di Modena, in collaborazione con l’Assessorato al Welfare, ha inserito all’interno dei propri percorsi di volontariato un gruppo di 23 richiedenti protezione internazionale ospiti dei Cas modenesi (gestiti da Caleidos, L’Angolo, Porta aperta e Leone Rosso).
La Pubblica Assistenza modenese fa parte del movimento nazionale delle ANPAS, ma risponde a bisogni locali: tra le altre cose svolge il servizio di trasporto sociale, accompagnando persone in difficoltà nel tragitto casa-ospedale, e ha aperto il centro diurno La Noce per persone anziane. Proprio in questi progetti sono stati coinvolti alcuni richiedenti asilo, uomini e donne, con un approccio della cui eccezionalità è consapevole la coordinatrice Francesca Romagnoli: «Questo esperimento è una scommessa: abbiamo deciso da subito di far fare a queste persone il percorso degli altri volontari. Chiaramente abbiamo previsto aggiustamenti per quello che riguarda tempistiche e traduzione, ma non si tratta di un percorso differente né di attività banali».
A giugno quindi i ragazzi hanno affrontato il primo “scalino”: cinque lezioni in presenza di mediatori per apprendere le tecniche di trasporto degli utenti, conoscere i presidi e le norme per la sicurezza. In seguito hanno potuto intraprendere l’iter proposto a tutti i volontari dell’associazione: «Hanno iniziato ad uscire con l’equipaggio come “terzo elemento”, ossia senza responsabilità decisionali; sono stati monitorati con schede di affiancamento redatte da volontari più esperti per capire se c’erano lacune anche su questioni tecniche da colmare eventualmente nella formazione».
Da fine settembre – quindi pochi giorni fa – hanno iniziato a frequentare il corso per volontari aperto alla cittadinanza, misurandosi su questioni come la gestione dei malori o la rianimazione senza defibrillatore. L’associazione ne beneficia in termini di risorse umane, anche perché i ragazzi hanno capacità pratiche molto elevate, e spera «di cambiare questo clima di sfiducia, pregiudizio e non conoscenza. Per noi quello di un’integrazione vera è un bisogno attuale».
I ragazzi hanno aderito con entusiasmo: «Molti di loro sentono di dover rendere alla collettività, perché qualcuno si occupa di loro. Sono sempre puntuali, curati, interessati, sorridenti, si sentono un po’ a casa loro e infatti se hanno un’ora di tempo vengono qua, anche fuori dal turno».
Kofi, ghanese di 19 anni e a Modena da un anno, conferma: «Non mi aspettavo di trovarmi così bene, è un’esperienza molto buona per me, mi hanno fatto capire molte cose, come lavorare, come aiutare le persone e come tenere una carrozzina e mi aspetto di imparare ancora di più». Dickson, Christopher e Larry sono nigeriani dello stato del Delta del Niger. Dal 2017 vivono a Carpi e arrivano insieme in associazione il sabato mattina poi si separano ognuno con un diverso mezzo. Le quattro ore di turno passano velocemente, spiegano, «perché sono il nostro lavoro e la nostra passione. Fin dal primo momento siamo stati felici per l’opportunità di imparare la lingua, conoscere la cultura e la società e soprattutto aiutare le persone», dice Dickson. «Per noi è molto importante imparare l’italiano», aggiunge Christopher. «Non ci sono state particolari difficoltà», spiega Larry, «perché il corso ha molti aspetti anche pratici e abbiamo la possibilità di parlare con tutti».
Dagli utenti non ci sono stati feedback negativi, ma la competenza linguistica non ancora ottimale reppresenta un limite. La lingua è diventata quindi l’elemento su cui fare più attenzione e lavorare di più. «È lo scoglio principale», conferma Claudio, pensionato e volontario della Croce blu da 5 anni. Claudio copre due turni settimanali alla mattina e ha avuto modo di svolgere il servizio con diversi ragazzi. «Però col tempo magari le cose si mettono a posto. I ragazzi con cui ho lavorato, quasi tutti giovani che secondo me si prestano a questo tipo di servizio, non stanno solo a guardare con le mani in mano, si danno da fare».
Il progetto è in continua evoluzione anche in forza di un esito inaspettato e unico nel panorama territoriale: «Convinti che qualcuno possa avere le caratteristiche adeguate, abbiamo proposto ai ragazzi di candidarsi per il nostro progetto di servizio civile universale Stella polare, per cui verranno svolte le selezioni a breve. Un anno di servizio civile sarebbe un’esperienza fantastica, un modo per allacciare relazioni profonde.
(Elena Gazzotti)