Dal 22 al 24 maggio a Torino è in corso la rassegna “Visioni del rimosso – il cinema di Haile Gerima. Lo sguardo cinematografico sul colonialismo italiano”, a cura di Daniela Ricci, nota esperta e docente di Cinema africano. Per fare luce sulla memoria ancora non rielaborata del colonialismo italiano
di Annamaria Gallone
“VISIONI DEL RIMOSSO– IL CINEMA DI HAILE GERIMA” Lo sguardo cinematografico sul colonialismo italiano rappresenta la seconda tappa del progetto dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza Visioni del rimosso. Il regista etiope è unico nel suo genere, un combattente irriducibile e generoso. Dal 22 al 24 maggio potrete seguire a Torino la rassegna curata da Daniela Ricci, nota esperta e docente di Cinema africano. Cito dalla sua presentazione:
“Dalle lotte e dai destini dei neri nei ghetti americani, ai tormenti e alle lotte del popolo etiope, ogni film di Hailé Gerima racconta un risveglio. Ogni consapevolezza arriva al punto in cui la violenza dell’oppressione non è più percepita come inevitabile, dove il bisogno di pensare e di agire ha la precedenza sulla rassegnazione, dove l’amnesia lascia il posto alla memoria.
Che si trovino di fronte alla violenza razziale e di classe ( The 3000 Year Harvest, Bush Mama, Ashes and Embers ) o persi nel labirinto di un’identità confusa ( Sankofa, Teza ), i personaggi di Gerima partono per rivendicare se stessi. Si confrontano con il mondo che li soffoca e li schiavizza in una vera e propria guerra di liberazione, e la ricostruzione di una memoria nascosta o distorta dal dominio coloniale, sociale e razziale è la fase determinante della loro emancipazione.
Così come i suoi racconti documentari si concentrano su un episodio della lotta per i diritti civili ( Wilmington 10 – USA 10.000 ) o su un’emblematica vittoria africana sull’impresa coloniale ( Adwa: una vittoria africana), le finzioni di Gerima scelgono la ribellione e la resistenza più che la denuncia, la risposta alla violenza più che la sua presentazione compiacente.
Regista etiope che vive negli Stati Uniti e afferma di essere un “regista del terzo mondo impegnato e indipendente”, Gerima non ha mai smesso di cercare di rappresentare le realtà interiori dei suoi personaggi e del loro ambiente, al di fuori degli stereotipi narrativi e figurativi della rappresentazione di Neri e “minoranze” nel cinema hollywoodiano.
Il linguaggio cinematografico di Gerima, quello che lui chiama il suo “accento”, non è mai naturalistico o riducibile a codici e generi. Precisione documentaria, libertà impegnata degli attori non professionisti, indirizzi diretti allo spettatore, telescopi di tempi e spazi e bagliori di sogno o di visione si mescolano allo slancio della sperimentazione, senza mai perdere il rigore del progetto: un regista africano si prende la responsabilità per aver raccontato le sue storie e la sua storia, nel linguaggio che si dà. Questo linguaggio è fatto anche di composizioni sonore: dialoghi e incantesimi quotidiani, storie cantate e riff jazz, voci interiori e suoni del mondo compongono un ritornello che accompagna e commenta il viaggio interiore dei personaggi. Figlio della Resistenza , occhi che scrutano attraverso rami di canna da zucchero per Sankofa … – quando vediamo come questo cinema sappia rendere (finalmente) visibili i mondi interiori di questi uomini e donne finalmente liberati dai cliché di una storia in cui non sono più riconoscersi”?
Secondo il ctitico Marie-Pierre Duhamel-Muller , “È indubbio che qui si possano scorgere alcune delle influenze che hanno segnato l’apprendistato di Gerima e riconoscere, ad esempio, l’impronta del “terzo cinema” latinoamericano e dei “nuovi cinema” del mondo, nella richiesta di un’espressione autonoma dei popoli al momento dell’indipendenza.
Il punto meno comune è la preoccupazione intransigente per l’indipendenza che contraddistingue l’intera pratica di Gerima. Voltando volutamente le spalle al “sistema” cinematografico americano, il cineasta ha pagato la produzione dei suoi film con lunghi anni di lavoro ostinato: budget esigui, riprese strappate alla mancanza di mezzi, distribuzione conquistata sala dopo sala”…