George Bizos è morto ieri all’età di 92 anni per cause naturali. Al grande pubblico forze il suo nome dirà poco o nulla. In realtà è stato uno dei protagonisti della lotta anti-apartheid in Sudafrica. Amico, alleato e avvocato personale di Nelson Mandela.
«Questo è un momento molto triste per il nostro Paese – ha detto il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa -. Bizos ha contribuito immensamente al raggiungimento della nostra democrazia ed è stato uno degli artefici della Costituzione post-apartheid».
Lottare contro le discriminazioni e le ingiustizie era qualcosa di innato in lui. Bizos arrivò in Sudafrica quando aveva 13 anni, fuggendo dalle atrocità dall’occupazione nazista della Grecia. Nei suoi anni giovanili, mentre studiava Legge, si era trovato di fronte all’odioso sistema di discriminazione razziale creato dalla minoranza bianca nei confronti dei neri. Così, appena laureato, ha iniziato a combattere quel sistema, fino a diventare legale di un altro famoso avvocato, destinato a entrare nella storia, Nelson Mandela (che aveva conosciuto quando entrambi studiavano Legge a Johannesburg).
È proprio Bizos nel 1964 a difendere il futuro premio Nobel nel processo in cui la classe dirigente boera accusava Madiba di tradimento. Secondo alcuni, fu proprio Bizos ad aver convinto Mandela ad aggiungere le parole «se necessario» al suo discorso dal banco degli imputati in cui si diceva pronto a morire per i suoi ideali. L’aggiunta è stata vista come una sorta di clausola di salvaguardia, evitando qualsiasi impressione che Mandela stesse incitando la corte a condannarlo alla pena di morte (e infatti fu condannato all’ergastolo).
Mandela definì Bizos «un uomo che combinava una natura comprensiva con una mente incisiva» e di lui si fidava non solo come legale, ma anche come «postino», affidandogli i messaggi che i leader dell’African National Congress imprigionati a Robben Island inviavano ai loro colleghi in esilio.
Dopo il rilascio di Mandela, Bizos mise in campo tutta la sua esperienza legale ai negoziati che portarono nel 1994 alle prime elezioni libere in Sudafrica 1994. «Di quel Sudafrica post-apartheid che aveva contribuito a costruire – ricorda un giornalista italiano che lo intervistò -, anche battendosi per l’approvazione della nuova Costituzione democratica, non aveva rinunciato a criticare il sistema politico che aveva contraddetto gli ideali di Mandela e degli altri padri fondatori». La Nelson Mandela Foundation ha commentato: «Un altro gigante della storia del Sudafrica e delle lotte globali per la giustizia se ne è andato».