Si celebra oggi, 6 febbraio, la giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono almeno 200 milioni le bambine, ragazze e donne in almeno trenta Paesi del mondo ad aver subito una forma di mutilazione genitale. Una pratica che rappresenta una grave violazione dei diritti umani oltre che una manifestazione della disuguaglianza di genere e di discriminazione sociale.
La mutilazione genitale femminile, indissolubilmente legata alla cultura locale che vede nella mutilazione una sorta di rito di passaggio all’essere donna o un requisito essenziale per il matrimonio, può arrivare a causare la morte di una madre e di un nascituro durante il parto.
La legge anche per questo proibisce in tutto il mondo, inclusa l’Africa, la mutilazione genitale a danno delle ragazze. Ciò nonostante, le FGM fanno ancora parte dei riti di passaggio dall’infanzia all’età adulta, soprattutto nelle comunità nomadi.
In alcune regioni africane la mutilazione identifica il momento in cui una ragazza è pronta per il matrimonio e, come parte importante, preziosissima, dell’identità comunitaria, è profondamente radicata nelle tradizioni e nelle norme sociali.
Secondo l’Ong Amref, che si occupa di prevenzione, sfidare simili pratiche nocive tradizionali è assolutamente cruciale per un futuro sano delle giovani donne e dei loro bambini.
Sul sito dell’Unicef si legge che ogni anno sono almeno tre milioni le ragazze e le bambine a rischio in Africa. Se non ci sarà una riduzione della pratica, il numero delle ragazze mutilate ogni anno rischia di crescere dai 3,6 milioni del 2013 ai 6,6 milioni entro il 2050.
Il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili interessa oggi anche gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e la stessa Europa, Italia compresa; sebbene i dati sulla sua diffusione nei Paesi europei non siano noti, l’Europarlamento stima che siano circa 500mila le donne e le ragazze che convivono con le mutilazioni.
Nonostante i progressi ottenuti e il fatto che sia formalmente illegale in diversi Paesi africani, le mutilazioni genitali femminili rimangono una pratica comune in vaste regioni dell’Africa occidentale, orientale e nord-orientale, soprattutto a discapito delle bambine tra i 4 e i 12 anni di età.
È infatti il continente africano a detenere il triste primato con 91,5 milioni di ragazze di età superiore a 9 anni vittime di questa pratica e circa 3 milioni di altre donne che ogni anno si aggiungono al totale.