Anche Marco Trovato e Pier Maria Mazzola, rispettivamente direttore editoriale e direttore responsabile di «Africa», hanno firmato l’appello «Perché no alla guerra in Libia» lanciato da Efrem Tresoldi, Mao Valpiana, Alex Zanotelli e Gigi Anataloni a nome di movimenti, associazioni e gruppi del mondo della pace e della nonviolenza.
«Siamo preoccupati – è scritto nel documento – delle pressioni esercitate sul nostro governo perché assuma un ruolo guida nell’intervento militare in Libia a fianco di altre potenze occidentali. Il Presidente del Consiglio ha detto che “non è in programma una missione militare italiana in Libia”. Ne prendiamo atto. Ma i problemi restano: il contrasto all’espansione del terrorismo del sedicente Stato islamico; una minaccia alla sicurezza del nostro Paese; la stabilizzazione della nazione nordafricana». Per contrastare questa emergenza internazionale, però, «la guerra non è il mezzo adeguato». Secondo i firmatari, un conflitto non servirebbe né per sconfiggere il terrorismo, né per riportare la stabilità in Libia. La guerra scatenata contro il regime di Gheddafi nel 2011 non ha fatto altro che portare il caos nel Paese nordafricano e alimentare i conflitti in Siria, Nigeria, Mali. Tutto a spese della popolazion civile, la prima vittima di ogni conflitto armato.
«Se un intervento armato di polizia internazionale in Libia ci dovrà essere – continua l’appello -, sarà da considerarsi come estrema ratio, fatta nell’ambito delle Nazioni Unite e in seguito alla esplicita richiesta del governo unitario libico. Senza la quale (ammoniscono le autorità del Governo di Tripoli) “qualsiasi tipo di operazione militare si trasformerebbe da legittima battaglia contro il terrorismo a palese violazione della nostra sovranità nazionale”».
Per questo motivo, l’appello propone al Governo un piano di azione in quattro punti: 1) ricostruire l’assetto statuale della Libia, sostenendo con la diplomazia e la politica l’iniziativa per un accordo tra le controparti e la formazione di un governo unitario tra i governi di Tobruk e di Tripoli; 2) coinvolgere gli stati membri della Lega araba e dell’Unione africana anche al fine di bloccare i finanziamenti ai movimenti terroristici islamici che provengono da Arabia saudita e Qatar, dal commercio di petrolio e di droga; 3) valorizzare la partecipazione della società civile della Libia nel processo di ricostruzione della loro nazione; 4) garantire da parte dell’Europa l’apertura delle frontiere per accogliere e assistere i profughi, mettendo in campo in campo un’operazione di salvataggio in mare.
I firmatari chiedono quindi al Governo di «adoperarsi con determinazione e concretamente al fine di promuovere e restituire pace e giustizia al popolo della Libia» e a Papa Francesco di levare «la sua voce profetica per denunciare l’assurdità e l’immoralità di un intervento armato in Libia, sollecitando la comunità internazionale a cercare soluzioni pacifiche e giuste».
Il testo integrale dell’appello
Perchè No alla guerra in Libia