Africa – È allarme per la fuga di cervelli

di Enrico Casale
fuga di cervelli

In inglese si chiama “brain drain”, in italiano fuga dei cervelli, ma il problema è lo stesso e riguarda anche e soprattutto l’Africa: la partenza delle giovani promesse che vanno all’estero in cerca di opportunità di lavoro qualificato e di formazione di alto livello.
A confermare la gravità della situazione, e a fornire una sua geografia aggiornata, è un rapporto appena diffuso dagli esperti del World Economic Forum (Wef). Che danno la maglia nera, con un punteggio di due su una scala da uno a sette, al Burundi. Stando alla ricerca, questo paese di dieci milioni di abitanti situato nella regione dei Grandi Laghi continua a pagare l’esiguità di una classe intellettuale capace di far sentire la propria voce e dare equilibrio nelle fasi di crisi e conflitto, come quella innescata quest’anno dalla rielezione del presidente Pierre Nkurunziza.
Il problema però non è solo del Burundi. A seguire, nei posti meno ambiti della classifica, figurano Algeria, Mauritania, Ciad e Guinea. Paesi tutti, secondo gli esperti, dove nepotismo e legami personali nell’assegnazione di un posto di lavoro valgono spesso più di competenze e professionalità.
All’estremo opposto della graduatoria, meno colpiti dalla “fuga dei cervelli”, ci sarebbero nell’ordine Rwanda, Marocco, Kenya, Costa d’Avorio e Sudafrica. Paesi perlopiù privi giacimenti di idrocarburi che, stando alla ricerca, grazie a una crescente diversificazione delle loro economie, si stanno dimostrando capaci di offrire opportunità di impiego e formazione ai propri cittadini. Attirando professionisti stranieri più delle potenze petrolifere del continente come Angola, Nigeria, Algeria o Libia.
(01/09/2015 Fonte: Misna)

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