Domani, 21 marzo, i Paesi africani firmeranno il trattato che istituirà la zona africana di libero scambio (AfCfta). La cerimonia di terrà a Kigali, in Ruanda. La Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite ha stimato che, se l’accordo verrà attuato, il commercio intra-africano potrebbe aumentare del 52% entro il 2022, rispetto ai livelli del commercio nel 2010.
L’idea di creare questa zona risale al 2012, ma è solo nel 2015 che sono iniziate le trattative fra gli Stati africani. L’accordo dovrebbe essere firmato da tutti i 55 Stati membri dell’Unione Africana, riunendo 1,2 miliardi di persone con un Pil consolidato di oltre due trilioni di dollari. Il progetto di accordo impegna i Paesi a rimuovere le tariffe sul 90% delle merci, con il 10% di «articoli sensibili» da introdurre gradualmente. L’intesa liberalizzerà anche i servizi e mira ad affrontare le cosiddette «barriere non tariffarie» che ostacolano il commercio tra Paesi africani, come i lunghi ritardi alla frontiera. Se la zona di libero scambio funzionerà, è previsto che si possa istituire anche una moneta unica.
Creando un mercato continentale unico per beni e servizi, gli Stati membri sperano di incrementare il commercio tra i Paesi africani. Attualmente il commercio intra-africano è relativamente limitato. David Luke, coordinatore dell’African Trade Policy Center delle Nazioni Unite ha dichiarato all’emittente «Al Jazeera»: «Il colonialismo ha creato una situazione in cui i Paesi confinanti hanno smesso di commerciare tra loro, la principale via di scambio era tra Paesi africani e Paesi europei e tra Paesi africani e Stati Uniti».
La rimozione degli ostacoli al commercio dovrebbe non solo incrementare il commercio in Africa, ma anche far crescere «il tipo di commercio di cui questo continente ha bisogno». L’apertura dei mercati potrebbe creare nuova occupazione e, con essa, potrebbe essere limitata l’emigrazione verso l’Europa e gli Stati Uniti.
Ci sono però timori che i benefici della zona di libero scambio possano essere distribuiti in modo non uniforme. I Paesi più avanzati dell’Africa con capacità manifatturiere fortemente sviluppate avranno certamente un vantaggio perché potranno vendere i loro beni e servizi ai Paesi meno sviluppati del continente e ciò potrebbe minare lo sviluppo industriale in loco. «Se non si costruiscono capacità produttive e non si presta la dovuta attenzione alle differenze in tra i Paesi africani – spiega Sylvester Bagooroo di Third World Network -, il rischio è che si scambino unicamente merci e così facendo si danneggino le produzioni locali. Dobbiamo prestare attenzione al rapporto tra grandi economie e piccole economie: dobbiamo prestare attenzione ai settori dominanti nei confronti dei settori più deboli».
(20/03/2018 Fonte: Al Jazeera)