Africa Insieme è una piccola associazione di volontariato che, sul territorio di Pisa, si occupa dei diritti dei cittadini stranieri, degli immigrati e dei rifugiati: gestisce uno sportello di tutela legale, organizza corsi di formazione per operatori, promuove dibattiti pubblici ed eventi dedicati al mondo dei migranti. È insomma e per fortuna un’associazione come tante sul territorio nazionale. Ma proprio in questi giorni Africa Insieme compie trent’anni. Ed è per sottolineare e festeggiare il suo lungo e per molti versi pioneristico impegno che ne parliamo qui. Nell’ormai lontano 1988, quando è nata, in Italia si parlava ancora molto poco di immigrazione. Il Muro di Berlino non era ancora caduto, gli albanesi non attraversavano ancora il Canale di Otranto – come avrebbero fatto per tutti gli anni Novanta –, i rumeni erano governati da Ceaucescu e non potevano (né forse volevano) varcare i confini del loro paese. Il Mar Mediterraneo non era attraversato dalle tante imbarcazioni che oggi portano in Europa richiedenti asilo e rifugiati di origine africana.
Eppure l’Italia era già terra di immigrazione: proprio negli anni Ottanta cominciarono ad arrivare i primi lavoratori stranieri, dal Marocco, dalla Tunisia, ma anche dal Senegal e in generale dall’Africa sub-sahariana. I giornali ne parlavano poco, e non c’era un vero e proprio dibattito pubblico sulle politiche dell’immigrazione così come lo conosciamo oggi. Sulla stampa quotidiana, gli articoli in tema erano relegati quasi sempre alle pagine dell’economia, e venivano letti per lo più da sindacalisti, imprenditori e studiosi del mondo del lavoro: l’immigrazione era un tema «da specialisti».
Eppure, gli immigrati arrivavano, e andavano a lavorare nei campi del Sud Italia o nelle fabbriche del Centro-Nord. Avevano spesso problemi col permesso di soggiorno, e all’epoca era difficile trovare avvocati o consulenti che conoscessero le norme sull’immigrazione. Africa Insieme nacque per garantire i diritti dei nuovi arrivati, che spesso rimanevano «invischiati» nelle maglie di una normativa complicata, incoerente, contraddittoria, a volte inutilmente farraginosa e ostile.
I fondatori dell’associazione provenivano soprattutto dall’Arci, dalla Chiesa Valdese (che a Pisa è sempre stata una presenza storica del volontariato cittadino), dalla Fgci (l’organizzazione giovanile del Partito Comunista Italiano) e c’era poi un nutrito gruppo di giovani attivisti senegalesi. Africa Insieme – come il Naga di Milano e Senza Confine di Roma, che risalgono più o meno agli stessi anni – era anche una delle prime associazioni in Italia a occuparsi specificamente di immigrazione: in precedenza, a sostenere i migranti erano stati soprattutto i sindacati (la Cgil in particolare) e le associazioni del mondo cattolico, Caritas in primo luogo
L’esperienza di Africa Insieme sarebbe forse durata pochi anni se l’immigrazione non avesse conquistato di lì a poco le prime pagine di tutti i giornali, locali e soprattutto nazionali. Nell’Estate 1989, nelle campagne di Villa Literno in Campania, una banda di rapinatori uccise a colpi di pistola un giovane immigrato sudafricano, fuggito dall’apartheid nel suo paese (dove Mandela era ancora in carcere) e divenuto bracciante agricolo precario nelle campagne del Sud. Fu, per l’opinione pubblica, una sorta di fulmine a ciel sereno. Il nostro paese scopriva di essere diventato terra di immigrazione. E scopriva anche che i nuovi arrivati vivevano spesso in condizioni di semi-schiavitù, sfruttati e sottopagati da padroni senza scrupoli, vittime di violenze e di razzismo.
Il 7 Ottobre 1989, una manifestazione nazionale sfilò per le vie di Roma, ricordando Jerry Masslo e chiedendo a gran voce una legge che garantisse i diritti dei migranti: nasceva così un movimento antirazzista, che nel tempo si organizzò in associazioni e gruppi di volontariato locali. Africa Insieme, nata un anno prima, aveva in qualche modo «precorso i tempi».
Sergio Bontempelli