L’adozione di “misure congiunte” per l’ottimizzazione delle risorse idriche provenienti dal bacino del Nilo, in modo da sfruttare a pieno le potenzialità del corso d’acqua per soddisfare le aspirazioni verso lo sviluppo sostenibile. È la proposta avanzata dal presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi in occasione del primo vertice presidenziale dei nove paesi attraversati dal fiume Nilo, ospitata ad Entebbe, in Uganda. Presenti al vertice i capi di Stato, i vicepresidenti e i ministri competenti dei dieci paesi africani attraversati dal corso d’acqua (Egitto, Sudan, Sud Sudan, Etiopia, Uganda, Kenya, Tanzania, Burundi, Ruanda, Repubblica democratica del Congo), più l’Eritrea come paese osservatore. Il prossimo vertice, come concordato dai leader presenti, si terrà in Burundi.
Il vertice di oggi, che per la prima volta dal 2010 ha visto la partecipazione di tutti i paesi del bacino del Nilo, ha inteso affrontare anzitutto le controversie dell’accordo quadro di Entebbe che hanno spinto l’Egitto a sospendere la sua adesione all’Iniziativa del bacino del Nilo (Nbi) nel 2010. “Il bacino del Nilo ha una portata di oltre 1.600 miliardi di metri cubi all’anno, di cui solo 84 miliardi solo nel letto del fiume, mentre miliardi di metri cubi vanno sprecati per la mancanza di adeguati investimenti nelle infrastrutture”, ha detto al Sisi, citato dal quotidiano statale egiziano “al Ahram”. “Non è un segreto che il fiume Nilo rappresenti la principale fonte di approvvigionamento d’acqua per l’Egitto. A causa delle limitate risorse idriche e della crescita esponenziale della popolazione, la disponibilità di risorse idriche pro capite è diminuita a circa 640 metri cubi l’anno. L’Egitto soffre di un deficit di risorse idriche pari a 21,5 miliardi di metri cubi l’anno”, ha aggiunto il presidente egiziano.
“Per questo – ha aggiunto Al Sisi – chiedo l’adozione di misure congiunte per un utilizzo ottimale dell’acqua del Nilo. Il nostro dovere verso noi stessi e dei nostri popoli è di collaborare ed utilizzare gli strumenti scientifici a nostra disposizione per giungere ad un utilizzo adeguato e sostenibile di queste, in modo da realizzare le nostre aspirazioni di sviluppo, evitare gli impatti negativi della siccità e garantire la sicurezza idrica di tutti i paesi del bacino del Nilo”, ha aggiunto. Un aspetto, quest’ultimo, che era stato già rimarcato alla vigilia del summit dal portavoce del ministero degli Esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid, che in un messaggio su Twitter aveva scritto che l’approvvigionamento idrico dell’Egitto “è una linea rossa che non è negoziabile”. “La delegazione egiziana è impegnata in difficili negoziati per costruire ponti di fiducia”, ha detto ancora Abu Zeid.
“La partecipazione di al Sisi rientra nel contesto della grande attenzione che l’Egitto garantisce al rafforzamento della cooperazione con tutti i paesi del bacino del Nilo”, gli aveva fatto eco il portavoce presidenziale Alaa Yousef. “L’Egitto cercherà di riconsiderare la sua partecipazione all’Iniziativa e di lanciare programmi e progetti di cooperazione, nell’interesse di tutti e senza danneggiare alcuna parte”, aveva aggiunto il portavoce. Oltre ad al Sisi, al vertice hanno partecipato il presidente ugandese Yoweri Museveni; il primo ministro etiope Hailemariam Desalegn; il vicepresidente sudanese Hassabo Mohammed Abdurrahman; il vicepresidente del Burundi, Joseph Butore; il vicepresidente del Sud Sudan, James Wani Igga; il ministro delle Risorse minerarie e naturali del Ruanda, Vincent Biruta; il ministro delle Risorse idriche keniota Eugene Wamalwa; il ministro degli Esteri tanzaniano Augustine Mahiga; il ministro dell’Ambiente e dello sviluppo sostenibile della Rdc, Ambatore Nyongolo.
Il vertice di oggi, già più volte rinviato, è stato convocato nel marzo scorso dal presidente ugandese Museveni per ridiscutere l’accordo di Entebbe firmato nel 2010 da sei paesi: Etiopia, Kenya, Ruanda, Tanzania, Uganda e Burundi. All’accordo non hanno tuttavia aderito l’Egitto e il Sudan, a causa della riassegnazione delle quote d’acqua del Nilo che sfavorirebbe questi due paesi. Anche la Repubblica democratica del Congo (Rdc) ha rifiutato di firmare l’accordo, mentre l’Uganda rivendica quote maggiori per favorire lo sviluppo economica e distribuire energia elettrica in zone in cui questa è garantita solo da generatori a diesel. Per rientrare nell’Iniziativa del bacino del Nilo dopo 7 anni, l’Egitto chiede di mantenere la sua quota storica d’acqua sancita da un precedente accordo del 1959, pari a 55,5 miliardi di metri cubi all’anno. Sudan ed Egitto, paesi a valle del Nilo, chiedono inoltre che le decisioni siano prese all’unanimità e non a maggioranza, dal momento che i paesi a monte del corso d’acqua sono più numerosi.
In particolare, Il Cairo e Khartoukm contestano l’articolo 14 dell’intesa, che impone ai paesi aderenti di “non pregiudicare in modo significativo la sicurezza dell’approvvigionamento idrico di qualsiasi altro paese del bacino del Nilo”. Ad oggi l’accordo di Entebbe è stato firmato da sei paesi, numero minimo affinché il trattato possa entrare in vigore. Contemporaneamente, dovrà essere costituita la Commissione del bacino del Nilo, la quale prenderebbe il posto della Nbi, per affrontare il tema della sicurezza idrica dei paesi litoranei. Il punto più controverso della vicenda resta comunque il rapporto tra i vecchi trattati e l’accordo del 2010. Se è vero che Egitto e Sudan non hanno partecipato al secondo, è infatti vero anche vero che Etiopia, Burundi, Ruanda e Congo non sono in alcun modo vincolati ai primi.
A norma del diritto internazionale, infatti, gli Stati sorti all’indomani della decolonizzazione non partecipano agli accordi conclusi dai colonizzatori. L’accordo di Entebbe sostituisce a sua volta un precedente accordo risalente al 1959 che assegnava più dei due terzi dell’intera portata d’acqua del Nilo all’Egitto. A complicare ulteriormente la questione c’è poi la disputa fra Il Cairo e il governo dell’Etiopia in merito alla portata d’acqua del fiume Nilo, con le autorità egiziane che contestano la realizzazione da parte del governo di Addis Abeba di una diga sul corso del Nilo Azzurro, la Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd). Per trovare una soluzione alla disputa, Egitto, Etiopia e Sudan hanno istituito nel 2015 una commissione tripartita con lo scopo di stabilire in modo più efficace le procedure sulla determinazione delle quote d’acqua spettanti a ciascun paese.
(23/06/2017 Fonte: Agenzia Nova)