“Il mio messaggio chiave è davvero semplice: il tempo stringe nell’Africa sub-sahariana per affrontare la fame, la povertà e il degrado delle risorse naturali”. Questo il messaggio del nuovo capo dell’International Institute of Tropical Agriculture (Iita), Simeon Ehui, in un’intervista da Washington rilasciata all’Ufficio Ips delle Nazioni Unite nel suo ultimo giorno alla Banca mondiale, dove occupava l’incarico di direttore regionale per lo sviluppo sostenibile fino allo scorso 1° agosto.
Ehui, che da martedì è anche diventato direttore regionale per l’Africa continentale del Cgiar (gruppo consultivo per la ricerca agricola internazionale) – una rete globale di organizzazioni di ricerca sulla sicurezza alimentare -, afferma che la sicurezza alimentare dell’Africa sta peggiorando, alla luce di elenco di sfide che non finisce più: crisi climatica e eventi meteorologici estremi che attualmente stanno causando inondazioni nell’Africa occidentale e centrale e siccità nell’est; crescita demografica relativamente elevata; migrazione verso le aree urbane; e in particolare, la guerra Ucraina-Russia che ha provocato l’impennata dei prezzi dei fertilizzanti chimici e del grano, creando gravi divari di offerta in tutto il continente e spingendo l’inflazione alimentare. Eppure nell’Africa sub-sahariana, le famiglie spendono fino al 40% del loro budget per il cibo, rispetto al 17% nelle economie sviluppate, oltre che il continente dipende eccessivamente dai prodotti alimentari di di base e dagli input agricoli, importando oltre 100 milioni di tonnellate di cereali all’anno.
“La mia visione è far prosperare i sistemi agroalimentari in Africa”, afferma Ehui, e, in particolare per IitaA e Cgiar, ciò significa promuovere le condizioni per sostenere centri di eccellenza della ricerca in cui gli scienziati saranno entusiasti di lavorare, con trasparenza della gestione e uguaglianza di genere. “Dobbiamo essere in grado di rispondere rapidamente… Dobbiamo accelerare la nostra ricerca per rispondere ai bisogni delle persone”, aggiunge.
Alla domanda se è preoccupato per il fatto che la Bill & Melinda Gates Foundation svolga un ruolo eccessivamente dominante nel fornire oltre la metà dei finanziamenti di Iita per progetti di “ricerca e consegna”, Ehui inizia esprimendo il suo apprezzamento per il sostegno della fondazione, in particolare nello sviluppo di Aflasafe per combattere la pericolosa aflatossina nel mais, nelle arachidi e in altre colture. Tuttavia, il nuovo direttore generale afferma anche di voler “diversificare le fonti di finanziamento e aumentare la ricerca”. Respinge anche le critiche di alcuni ambienti al “fallimento” della Rivoluzione verde africana, come abbracciato da Bill Gates, affermando che il modello indiano della “rivoluzione verde” a coltura unica e la mancanza di attenzione per l’ambiente non erano applicabili all’Africa e ai suoi propri sistemi complessi. Iita e Cgiar stanno rispondendo alle esigenze dei piccoli agricoltori in Africa, afferma Ehui, e ciò significa un’agricoltura sostenibile e rigenerativa. “L’attenzione all’agricoltura rigenerativa riflette l’importanza della gestione delle risorse naturali e degli ecosistemi locali”, afferma, evidenziando l’importanza di valorizzare l’utilizzo di tecnologie locali per migliorare la sicurezza alimentare.
Il vertice di Dakar sulla sicurezza alimentare dello scorso gennaio ha riconosciuto come l’invasione russa dell’Ucraina abbia messo in luce l’eccessiva dipendenza dell’Africa dalle importazioni di fertilizzanti chimici. “Abbiamo le risorse per farlo a livello locale”, afferma Ehui, che ha presieduto una sessione del detto vertice.
Secondo Ehui, è stato dimostrato che ogni dollaro speso per la ricerca agricola porta un ritorno di 10 dollari e che tale investimento contribuirà notevolmente a migliorare le condizioni socio-economiche delle persone. Soddisfare i bisogni di base aiuterà anche ad Con il 65% della restante terra arabile del mondo in Africa e con una popolazione giovane e dinamica, anche la Banca africana di sviluppo ritiene che l’Africa sia in grado di nutrirsi mentre il mondo si avvicina a una popolazione totale di nove miliardi di persone entro il 2050.