In Egitto il Derby del Cairo lo chiamano con magniloquenza Likaa El Kemma, «la partita tra i migliori». Quando si incontrano Al-Ahly e Zamalek, del resto, non si tratta solo di una partita di calcio, ma è un po’ come assistere a un’accattivante lezione di storia dell’antico Paese dei Faraoni.
Le origini delle due squadre più celebri del Cairo risalgono ai primi del Novecento, negli anni dell’occupazione britannica. Il primo ad essere fondato è stato l’Al-Ahly nel 1909. Tutto nei Diavoli Rossi, a cominciare dal nome che significa «nazionale» in arabo, rievoca quel desiderio di indipendenza a cui miravano i fondatori, tra cui l’inglese Mitchel Ince, scelto come primo presidente del club per non indispettire troppo l’amministrazione britannica.
Lo Zamalek, invece, ha visto la luce due anni più tardi, ma è stato ribattezzato così all’indomani della rivoluzione egiziana del 1952. Fondato come Kasr El Nil, nel corso della sua lunga e gloriosa storia ha cambiato svariate denominazioni, ma non ha mai abbandonato la sua anima internazionalista. L’idea, insomma, era quella di favorire l’integrazione di calciatori egiziani ed europei, proponendosi come anello di congiunzione ideale tra Europa e mondo arabo.
Lo scoppio della rivalità, una delle più calde e accese del mondo, è stato inevitabile. Il motore di tutto, per una volta, non è stata la religione, ma la politica, anche se oggi questa contrapposizione è stata definitivamente superata: «Gli anni ’50, ’60 e ’70 riguardavano la politica, non lo sport. Allora le famiglie avevano una scelta chiara: nazionalista o monarchico, e così Ahly o Zamalek, ma non è mai mai stata una rivalità religiosa. Oggi, invece, è una contrapposizione prettamente sportiva», ha spiegato Walid Darwish, un esperto di calcio egiziano, a Alex Olliver di FourFourTwo, in uno splendido reportage pubblicato nel 2003.
Per capire la portata di questo scontro tra titani, inserito dalla prestigiosa rivista World Soccer Magazine al decimo posto della classifica sui derby più violenti del Mondo, basta guardare il palmares dei due club: insieme Al-Ahly e Zamalek hanno conquistato 13 Caf Champions League, 52 dei 60 campionati egiziani disputati finora e si sono sfidate in una memorabile finale di Supercoppa africana nel 1994, senza contare che la Caf li ha individuati come i due club africani più influenti e dominanti del XX secolo.
L’essenza unica di questa partita leggendaria traspare dal racconto dell’arbitro scozzese Hugh Dallas, uno dei tanti arbitri stranieri chiamati a fischiare nel Cairo Derby, atterrato sulle sponde del Nilo – cosi come il rumeno Stefan Kovacs, designato per la gara di oggi – sull’onda di quella moda inaugurata nel nuovo millennio e pensata dalla federazione egiziana per garantire trasparenza e imparzialità: «Ho arbitrato in vita mia quindici Old Firm, ma non si può nemmeno paragonare all’atmosfera di un Cairo Derby».
Lo Zamalek, nel lontano 1917, ha vinto la prima, pionieristica stracittadina cairota, ma la bilancia dei 160 derby giocati fino ad oggi pende nettamente in favore dell’Al-Ahly: i Diavoli Rossi ne hanno vinti 60, 37 volte si sono imposti invece i Cavalieri Bianchi, mentre 58 sono stati i pareggi.
In oltre un secolo di storia è successo di tutto. Ci sono state umiliazioni storiche, finali incredibili, partite interrotte da invasioni dell’esercito armato come avvenuto nel 1966, a pochi giorni dallo scoppio della Guerra dei Sei Giorni. E non sono mancate gare spettacolari ed episodi di violenza, ma anche di fratellanza, come quando le due tifoserie si sono unite in Piazza Tahrir nei giorni della contestazione al dittatore Hosni Mubarak.
Qui abbiamo raccolto per voi i tre Derby del Cairo più significativi e iconici di tutti i tempi, anche se fuori ne sono rimasti molti altri altrettanto meritevoli. A guidarci sono stati questi criteri: epicità, pathos e importanza della posta in palio.
Zamalek-Al Ahly 6-0, 1944
Una delle date più care ai tifosi Zamalkawi è sicuramente quella del 2 giugno 1944. Non esisteva ancora il campionato, ma c’era già la Coppa nazionale. Quel giorno le due squadre si sono incrociate in finale e non c’è stata storia. Lo Zamalek, ancora conosciuto con il nome di Farouk in omaggio al sovrano egiziano che ha regnato fino al 1965, ha passeggiato sulle rovine dell’Al-Ahly, umiliato con un tennistico 6-0, ancora oggi la vittoria con il più ampio scarto mai registrata nella storia del Cairo Derby. L’eroe? Mokthar Hafez, soprannominato «Zoklut», uno dei più grandi idoli della storia amateur dei Cavalieri Bianchi, autore in quella finale di una tripletta indimenticabile.
Al-Ahly-Zamalek 4-2, 1978
L’Al-Ahly si è preso più volte la rivincita negli anni successivi, ma nessuno di quei trionfi è stato spettacolare quanto quello del 1978. Finale di Coppa d’Egitto, in campo si affrontano due monumenti dei rispettivi club: da una parte Mahmoud El-Khatib, detto «Bibo», il massimo cannoniere storico del club assieme ad Hossam Hassan (109 reti) e attuale presidente del club; dall’altra Hassan Shehata, bandiera dello Zamalek e in futuro unico allenatore capace di sollevare tre Coppe d’Africa consecutivamente. A spuntarla è «Bibo». ll tecnico ungherese Nandor Hidekguti lo manda in campo solo nella ripresa, ma lui è subito decisivo per la conquista della ventiduesima coppa nazionale dei Diavoli Rossi: suo, infatti, il secondo gol dell’Al-Ahly, decisivo per riprendere lo Zamalek e dare il via alle danze.
Al-Ahly-Zamalek 6-1, 2001
Cinquantotto anni dopo la finale di Coppa del 1944, quella del 6-0 dello Zamalek, l’Al-Ahly lava a suon di gol l’onta di quell’eliminazione, vivendo una delle serate più belle del nuovo millennio. Khaled Bibo, autore di una tripletta, popola ancora oggi gli incubi dei tifosi Zamalkawi, così come la frase pronunciata in diretta dal telecronista Medhat Shalaby, immediatamente scolpita nell’immaginario collettivo, tanto da «diventare un pezzo di cultura pop egiziana» come ha scritto il portale KingFut.com: «Bibo we Beshir…Bibo wel goal».
Vincenzo Lacerenza
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