di Valentina Milani
L’Africa sarà al centro della 18a edizione della Biennale di Architettura di Venezia che prenderà il via sabato nella capoluogo veneto (con pre-apertura il 18 e il 19 maggio). Quest’anno, infatti, per la prima volta, l’evento presenterà progetti sostenibili di architetti provenienti dall’Africa e dalla diaspora africana.
Intitolata “Ospiti del futuro”, la mostra ha come tema la decolonizzazione e la decarbonizzazione e metterà in evidenza progetti che hanno trovato soluzioni architettoniche a problemi che vanno dai materiali sostenibili alle questioni abitative e alle storie cancellate, secondo quanto dichiarato dalla Fondazione Ford che, insieme a Bloomberg Philanthropies, sta sostenendo il viaggio internazionale degli architetti per partecipare all’evento.
“Come nel caso di molti raduni e istituzioni d’élite, l’accesso è stato elevato e ha permesso a un gruppo eterogeneo di talenti di mostrare le proprie competenze, e speriamo che questo contribuisca ad aprire le porte ad altri innovatori dell’architettura e del design di ogni provenienza per il futuro”, ha dichiarato la Ford Foundation in un comunicato.
La Biennale di quest’anno, che si svolgerà fino al 26 novembre, è curata dall’architetta, docente di architettura e scrittrice scozzese di origine ghanese Lesley Lokko (foto di apertura), che ha commentato: “Noi architetti abbiamo un’occasione unica per proporre idee ambiziose e creative che ci aiutino a immaginare un più equo e ottimistico futuro in comune”.
“Le nuove tecnologie appaiono e scompaiono continuamente, offrendoci scorci di vita non filtrati in parti del mondo che probabilmente non visiteremo mai, tanto meno capiremo”, ha detto Lokko in una dichiarazione riportata sul sito web dell’evento. “In Europa parliamo di minoranze e diversità, ma la verità è che le minoranze dell’Occidente sono la maggioranza globale; la diversità è la nostra norma. C’è un luogo su questo pianeta dove tutte queste questioni di equità, razza, speranza e paura convergono e si fondono. L’Africa”, ha aggiunto.
Per la Biennale 2023 sono stati selezionati più di 20 progetti da tutto il continente africano e da località che vanno dalla Francia a Fez, in Marocco, la maggior parte dei quali, secondo gli organizzatori, sono stati sviluppati da un singolo o da un team di cinque persone o meno.
Tra questi c’è Nzinga Biegueng Mboup, architetto senegalese che ha lavorato per tre anni con lo studio Adjaye Associates. Ora sta collaborando con Elementerre, un’impresa edile specializzata in materiali da costruzione locali e riciclabili al 100%, come terra cruda e piante, che richiedono meno energia per essere creati e sono più adatti ai climi caldi.
Oppure lo studio Riff, di proprietà di una donna e con sede a New York. Il suo team, composto da tre persone, combina esperienze al di fuori della tradizionale pratica del design: rispettivamente edilizia, ricerca storica e pedagogia architettonica. Secondo il sito web dello studio, “i nostri progetti sono riff prodotti dal dialogo tra questi regni distinti, mentre contempliamo il futuro delle abitazioni”.
C’è anche MOE + Art Architecture: uno studio nigeriano “che sta emergendo come una delle principali case di design in Africa per il suo lavoro di ridefinizione del modernismo africano”, e Cartografia Negra, “un collettivo con sede in Brasile che sta lavorando per riposizionare i luoghi di San Paolo che sono stati utilizzati per l’esecuzione, la vendita, la tortura e l’esecuzione di persone ridotte in schiavitù”, secondo la Ford Foundation.
Lesley Lokko nel 2020 ha fondato ad Accra, in Ghana, l’African Futures Institute, scuola di specializzazione in architettura e piattaforma di eventi pubblici. Nel 2015 aveva fondato la Graduate School of Architecture a Johannesburg. Ha insegnato negli Stati Uniti, in Europa, in Australia e in Africa. Ha ricevuto numerosi premi per il suo contributo all’insegnamento dell’architettura.
I tristi retroscena
A pochissimi giorni all’apertura della Biennale di Architettura di Venezia emergono tristi retroscena. Come riportato da Building Design e twittato dal critico di design e architettura Oliver Wainwright, la curatrice scozzese di origine ghanese Lesley Lokko ha incontrato difficoltà nel pagare i partecipanti e nell’ottenere i visti per i collaboratori.
In un’e-mail pubblicata su Twitter da Wainwright, Lokko ha scritto “di un profondo senso di rabbia, oltre che di tristezza” in quanto “negli ultimi 15 mesi ho messo insieme (e raccolto fondi) per quattro gruppi di lavoro per la Biennale – ad Accra, Dublino, Johannesburg e Londra. Ciascuna équipe ha avuto un ruolo centrale nella mostra. Ad Accra, la mia squadra si è occupata della complessa amministrazione dei finanziamenti a tutti i partecipanti che l’African Futures Institute ha sostenuto grazie alla generosità della Ford Foundation, della Mellon Foundation e di Bloomberg Philanthropies. Sono stati mesi in cui ci siamo assicurati che i pagamenti arrivassero ai partecipanti in quasi 20 Paesi e valute, occupandoci delle questioni fiscali – è stato un lavoro intenso per quasi sei mesi. Il mio fotografo personale, un giovane e talentuoso fotografo ghanese, ha contribuito con fotografie sia alla mostra che al catalogo, in tutte le sue sezioni”.
Nella dichiarazione viene precisato che “è stato negato loro il visto dal governo italiano”. Dal The New York Times si apprende che nello specifico Lokko ha criticato l’Italia per aver negato il visto d’ingresso a tre membri del suo team curatoriale provenienti dal Ghana, e ha detto che un altro membro era ancora in attesa di una risposta.
Daniela d’Orlandi, ambasciatrice italiana in Ghana, ha da parte sua sostenuto che l’Italia, pur ritenendo “molto prezioso il focus sull’Africa dell’edizione di quest’anno della Biennale di Venezia”, ha la responsabilità di applicare il codice dei visti dell’Unione Europea che, ha scritto in una dichiarazione al New York Times, “impone di valutare non lo scopo del viaggio o l’affidabilità degli invitati, ma il possesso dei requisiti previsti da ciascun richiedente”. Ha detto di non poter rivelare i dettagli dei singoli casi, ma “se questi non sono soddisfatti non possiamo rilasciare il relativo visto”. La Biennale – precisa la curatrice – “ha fatto tutto il possibile per aiutarmi, ma senza successo”.
Un vero paradosso se si pensa che l’Africa sarà al centro della 18a edizione della Biennale di Architettura di Venezia.
“Per quanto riguarda il team del padiglione alla Biennale di Venezia, curato da Lesley Lokko, sono stati rilasciati visti ai tre collaboratori, su un totale di sei richiedenti, che soddisfacevano i requisiti previsti dalla normativa. L’Ambasciata ha seguito le procedure previste dalla legge, che richiedono un attento esame dei requisiti individuali, come indicato dalla normativa europea che regola il rilascio dei visti Schengen, valido per tutti i Paesi inclusi nell’accordo”. Con queste parole la Farnesina è intervenuta circa la questione del mancato rilascio del visto a tre collaboratori di Lesley Lokko curatrice della Biennale di Venezia di quest’anno.
Nella nota emessa dalla Farnesina viene anche precisato che “nel riferirsi ai tre collaboratori cui non è stato concesso il visto, l’Ambasciata non ha mai fatto riferimento – né avrebbe potuto – all’ “essenzialità” o meno dei richiedenti. Per inciso, nel primo quadrimestre del 2023 l’Ambasciata ha rilasciato 608 visti di ingresso in Italia su 617 domande”.
La Farnesina precisa anche l’Ambasciata d’Italia ad Accra ha facilitato da anni la partecipazione di artisti ghanesi a importanti mostre d’arte o eventi in programma in Italia. “All’edizione di quest’anno della Biennale di Venezia sono presenti sette artisti ghanesi, tra questi anche il noto Ibrahim Mahama. La partecipazione di artisti ghanesi è stata valorizzata anche all’edizione 2022 della Biennale e alla Triennale di Milano nel giugno 2022, dove era presente il pittore Gideon Appah”, viene precisato.