Un nuovo modello energetico per l’Algeria partendo ancora una volta dalle ricchezze di risorse a disposizione del Paese. Come avvenuto con gli idrocarburi, anche sulle rinnovabili l’Algeria può avere una marcia in più. Su questo punta Chems Eddine Chitour, ministro della Transizione energetica, come sottolinea in questa intervista rilasciata al mensile Africa e Affari.
Ministro, l’Algeria ha creato da poco il ministero da lei guidato. È un segnale importante. Quali sono i piani del governo in materia di transizione energetica?
“La presidenza di Abdelmajid Tebboune ha capito l’importanza di trovare una maniera per poter uscire gradualmente dalla dipendenza dalle energie fossili. Ci diamo dieci anni per riuscirci. Ecco perché è stata decisa la creazione di un ministero per la transizione energetica, per accompagnare il passaggio verso un modello di consumo sostenibile, cioè ecologico, che favorisca le energie ‘verdi’ e possa lasciare un’eredità alle generazioni future. Nel passato esistevano presso il ministero dell’Energia dipartimenti dedicati alle rinnovabili, ma erano nuclei sparsi. Il nuovo ministero è incaricato di tracciare la via verso il 2030, e per fare ciò, è necessario tracciare lo stato attuale della situazione. Ad oggi il sistema si basa al 98% sulle energie fossili. Dobbiamo risparmiare il consumo e, in parallelo, sviluppare le energie rinnovabili”.
Ci può parlare del programma nazionale di efficienza energetica messo a punto nel suo Paese? Quali sono le criticità che vede e le sfide da vincere in Algeria nella marcia verso la transizione energetica?
“La priorità sulla quale lavorare adesso è l’efficienza energetica: risparmio energetico, consumare di meno consumando meglio. L’Algeria consuma 60 milioni di tonnellate equivalente di petrolio all’anno. Al 98% si tratta di energia proveniente da petrolio e gas naturale. Occorre cambiare e per cambiare, abbiamo fatto l’inventario di quello che si può fare per diminuire tale quantità.
La nostra prima sfida è arrivare al 10% di risparmio energetico nel 2021. Sono andato a parlare con vari ministri, cercando di responsabilizzare ognuno di loro, perché la transizione energetica è uno stato mentale, che riguarda tutti i dicasteri. Tuttavia, i tre ministeri più importanti per noi sono l’Habitat (il 40% del consumo), i Trasporti (il 40%) e l’Agricoltura.
Ora siamo davanti a un modello energetico che non crea ricchezza. Dobbiamo ridurre il consumo privo di ogni regola. Serve un cambio radicale ma dobbiamo spiegarlo pedagogicamente. Le risorse sono limitate, non si può fare tutto quello che uno vuole, e c’è il fattore demografico: siamo 45 milioni di abitanti, con una dinamica del consumo in continua crescita. Prevediamo che da 20.000 MW odierni si passerà a 40.000 nel 2030, ma come creare ulteriori 20.000 MW entro il 2030? Continueremo con le fonti fossili o andremo verso le rinnovabili? Ecco lo scopo del ministero della Transizione energetica. Delineare un modello energetico”.
Sul fronte delle energie rinnovabili quali sono le strade che saranno privilegiate? Il solare? L’eolico?
“Il nostro “piano Marshall” delle rinnovabili si appoggia ovviamente sul solare ma anche sull’eolico, poiché abbiamo zone ventose, sia onshore, che offshore, con 1.400 km di coste, da sviluppare in un secondo momento. Abbiamo in Algeria 286 fonti di energia geotermica, che possono raggiungere fino a 100 gradi centigradi. Proprio su questo punto ho chiesto all’ambasciatore d’Italia che cosa l’Italia possa fare per aiutarci nell’ambito delle energie geotermiche. Conosco bene l’impianto di Larderello (in provincia di Pisa, NdR): vogliamo conoscere, avere il know how dell’Italia.
Altra filiera da sviluppare è quella idroelettrica. Inizieremo con il solare e quest’anno, entro il mese di giugno, lanceremo una gara d’appalto da mille megawatt. Riguarderà nove wilaya, le divisioni amministrative algerine, del sud del Paese, nell’attesa dell’elaborazione definitiva del modello energetico con una visione al 2030 e persino al 2050.
L’elaborazione del modello energetico algerino deve tenere conto dell’ambiente internazionale. Per esempio la neutralità carbonio va raggiunta entro il 2050; ci dobbiamo quindi preparare per fare in modo di poter risolvere entro quella data il problema della neutralità carbonio in Algeria. Stiamo elaborando, con l’aiuto di un certo numero di Paesi, tra cui l’Italia, la necessità di andare verso l’idrogeno. Con l’idrogeno abbiamo due possibilità, perché potremmo rifornire la Spagna e l’Italia, partendo dalla produzione di idrogeno tramite il solare. Si tratta di un grande progetto, attraverso il quale l’Algeria entrerebbe appieno nel piano europeo da 80 GW di idrogeno previsto nel 2030”.
Algeria e Italia hanno relazioni consolidate sul fronte degli idrocarburi. Ritiene che questa collaborazione si possa replicare nelle rinnovabili e nella realizzazione delle infrastrutture dedicate alla transizione energetica?
“Con l’Italia abbiamo un legame storico e un certo sentimentalismo (il numero uno dell’Eni aiutò molto l’Algeria durante la rivoluzione), abbiamo sempre lavorato mano nella mano. Anche per quanto riguarda le rinnovabili, tutte le gare d’appalto su solare ed eolico sono a disposizione delle aziende italiane interessate a intervenire in un quadro trasparente.
Un altro ambito importante nel quale vorremmo approfittare del know-how italiano è quello dei trasporti. Stiamo facendo la conversione del parco attuale di veicoli con motori a benzina e a gasolio mettendo dei kit gpl, che compriamo in Italia. Auspichiamo un partenariato per creare un’azienda capace di fabbricare questo tipo di kit, almeno 500.000 all’anno.
Ancora un partenariato possibile: tutto quello che può aiutare nel consumo interno. Vogliamo investire nei kit solari, fare in modo che un privato possa installare sul proprio tetto kit solari o eolici. C’è tutto un mercato da creare. Lo Stato non può fare tutto, serve l’impegno dei cittadini, appoggiato da una nuova politica dei costi e delle sovvenzioni.
Un’altra grande sfida, di cui ho anche parlato con l’ambasciatore italiano, è la locomozione elettrica. Cambiare il tipo di trasporto, uscire dal fossile e andare verso una locomozione “verde”, con elettricità che proverrebbe dal solare.
Ultimo punto, e lo dico come universitario: la formazione. Creeremo un istituto per la transizione energetica, che aprirà i battenti a settembre 2021. Sarà rivolto a ingegneri il cui ruolo essenziale sarà dedicato alla transizione energetica, non solo nei suoi aspetti teorici ma nella pratica. Come costruire una centrale eolica? Come costruire una centrale geotermica? Siamo interessati a una collaborazione per formare specialisti, operativi, in tempi brevi. Un volano in cui sarà benvenuta l’expertise delle università e dei centri di ricerca italiani”.