Il raï, genere musicale algerino, è stato iscritto alla lista del patrimonio mondiale immateriale dell’Unesco, che sta tenendo la diciassettesima sessione del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale in Marocco, a Rabat dal 28 novembre al 3 dicembre. L’Unesco descrive il raï come canto popolare dell’Algeria. Mezzo per trasmettere la realtà sociale senza tabù o censura, il raï affronta temi come l’amore, la libertà, la disperazione e le pressioni sociali.
Originariamente era praticato nelle zone rurali dai decani che cantavano testi poetici in arabo vernacolare, accompagnati da un’orchestra tradizionale. All’inizio del Novecento, le primedonne hanno aggiunto idee trasgressive, cantando la libertà di amare e desiderare, glorificando Dio e i santi. Nel tempo il raï si è progressivamente affermato, prima a livello nazionale durante riti e matrimoni, poi a livello globale grazie ad artisti come Khaled e Mami, spostando le performance da spazi chiusi ad eventi culturali, celebrazioni e festività nazionali e religiose. Il suo messaggio di libertà e trasgressione è diventato universale, portato da giovani donne e giovani uomini che cantano e ballano per i giovani del loro paese e del resto del mondo.
La musica raï è quindi considerata un genere per i giovani, rappresentando un canale per esprimere i propri sentimenti nella loro ricerca di libertà dalle costrizioni sociali. I musicisti costruiscono e decorano i propri strumenti e la trasmissione avviene in modo informale, per osservazione, o formalmente, per apprendimento.
Dal punto di vista musicale, il raï proviene dall’incontro nel porto di Orano delle culture sefardite spagnola, francese, araba, africana ed ebraica. Diventa così la musica dei souk, dei bar e delle case chiuse del porto algerino, dove il genere musicale si evolve rapidamente in fusioni.
Le icone del raï degli anni ’30 e ’40 sono Hachemi Bensmire Cheikh Khaldi, mentre gli anni ’80 hanno fatto spazio alla cantante Cheika Remitti, seguita da artisti come Cheb Khaled (l’interprete di titoli dalla noti internazionalmente “Aicha” e “Didi”), Cheb Mami, Raina Raï, Houari Benchenet, Cheba Zahouania e Cheb Bilal.
L’età d’oro del raï è però finita nel sangue: nel 1994 il cantante Cheb Hasni fu assassinato dagli islamisti algerini. Anche il produttore Rachid Baba Hmed fu assassinato il 15 febbraio 1995 dal Gruppo islamico armato (Gia). “Questa tragedia segna la fine degli euforici anni 1985-1995 e l’avvento di quelli della censura, del coprifuoco e delle minacce. Il raï, mascalzone e libertario, era un obiettivo primario”, narra l’articolo “C’era una volta il raï” del sito pan.african-music.
Nella foto di apertura: Cheb Khaled