Sta assumendo livelli preoccupanti la carenza di acqua potabile in Algeria, dove migliaia di famiglie, anche in alcune zone della capitale Algeri, ne pagano le conseguenze. Dal 26 giugno è scattato un programma di razionamento dell’acqua nella grande capitale nordafricana. Il piano prevede l’erogazione durante il giorno, e uno stop dalle 18 alle 6 del mattino, per ricostituire le riserve durante le ore notturne.
Secondo il wali di Algeri Youcef Chorfa , questa situazione è la conseguenza di “un periodo difficilissimo, con un deficit di offerta abbastanza consistente, praticamente cronico”. Negli anni passati, ha spiegato il responsabile amministrativo, le falde acquifere erano molto importanti e le dighe erano praticamente piene. Oggi le riserve stanno diminuendo drasticamente e gli afflussi di acqua superficiale sono fortemente diminuiti, da 500.000 m3 di acqua/giorno a 170.000 m3/giorno.
In un lungo articolo dedicato alla problematica sul Middle East Eye, a firma del giornalista e scrittore Abed Charef, si afferma che molti fattori spiegano questa crisi. Uno di questi è un’evidente siccità: tra dicembre 2020 e aprile 2021 non c’è stata una sola pioggia o nevicata che potesse riempire le dighe o rinnovare in modo significativo la falda freatica. Risultato: a metà giugno molte dighe erano al di sotto del 15% della loro capacità, cioè inutilizzabili.
Seguono poi una cattiva gestione, scelte sbagliate, con una buona dose di corruzione. Abed Charef sostiene che la crisi era prevedibile da diversi mesi, poichè i tecnici del settore lanciavano regolarmente l’allarme mentre le autorità cercavano di minimizzare l’impatto per non sconvolgere le elezioni legislative del 12 giugno.
In un Paese che si vanta di aver costruito impianti di desalinizzazione che producono due milioni di metri cubi di acqua potabile al giorno, di aver costruito la più grande diga del paese a Beni Haroun, con una capacità di quasi un miliardo di metri cubi, e di aver convogliato l’acqua da In Salah a Tamanrasset, oltre 1.000 chilometri, per eliminare la paura della sete nell’Hoggar (catena montuosa nel cuore del Sahara) e nel profondo del deserto, ci si chiede come sia possibile una tale penuria.
L’allerta, ricorda l’articolo, era arrivata con una situazione di forte stress idrico già nel 2001. All’epoca, il Paese aveva iniziato a costruire dighe e impianti di desalinizzazione in movimento, investendo ben 50 miliardi di dollari. “La desalinizzazione dell’acqua di mare, scelta come opzione principale, è stata affrontata in modo molto discutibile. Grandi progetti sono stati avviati senza badare a costi e impatto”, sostiene Charef. Le stazioni sono state affidate a società private estere con crediti di banche pubbliche algerine. L’allora ministro dell’Energia Chakib Khelil creò una società, l’Algerian Energy Company, responsabile dell’acquisto dell’acqua fornita dalle stazioni di desalinizzazione, con fondi della Sonatrach, energia della Sonelgaz e la distribuzione all’Algerienne des Eaux. In questo sistema, accusa l’autore dell’articolo, il settore “è stato sommerso dalla corruzione”.
Due ex ministri delle risorse idriche dell’era Bouteflika (Abdelmalek Sellal e Abdelkader Ouali), un ex ministro dell’era post-Bouteflika, Arezki Baraki, che è stato anche direttore generale dell’Agenzia nazionale per le dighe e i trasferimenti , un ex direttore generale di Algerienne des eaux , Abdennour Aït-Mansour, un ex segretario generale del ministero, Mustapha Rahiel, nonché molti altri alti funzionari del settore, sono stati perseguiti per atti di corruzione e concessione di vantaggi indebiti, mentre molti altri ex alti funzionari sono sotto il controllo giudiziario.
Anche il noto imprenditore Ali Haddad – si legge ancora – è titolare di contratti multimiliardari nel settore delle risorse idriche, con esiti alquanto contestabili. “I boss delle più grandi aziende private specializzate in opere e servizi idraulici si sono ritrovati dietro le sbarre, come i fratelli Chelghoun, titolari di una grande azienda, l’Amnehyd”, scrive ancore lo scrittore algerino. Anche le società straniere hanno le loro responsabilità: “la canadese Snc-Lavalin è la più citata. Operante in Algeria dagli anni ’80, è stata ripetutamente accusato di aver pagato tangenti ad alti funzionari algerini per assicurarsi contratti”.