Gli algerini sono nuovamente scesi in piazza due giorni fa nel dodicesimo venerdì consecutivo di proteste per chiedere le dimissioni dei politici legati all’ex presidente Abdelaziz Bouteflika e per dire no allo svolgimento delle elezioni presidenziali che sono state fissate per luglio.
Migliaia di manifestanti si sono radunati di nuovo davanti al palazzo della Grande Poste ad Algeri, luogo simbolo del movimento popolare nel cuore della capitale, in quello che è il primo venerdì di proteste del Ramadan, il mese del digiuno islamico appena iniziato.
Nonostante il movimento iniziato lo scorso febbraio abbia già ottenuto molti successi, il fatto che l’organizzazione delle manifestazioni continui ad avere così tanto seguito prova la determinazione del popolo algerino, che in questi giorni sfida anche la stanchezza data dal digiuno sacro.
«Questa mafia dovrebbe finire di fronte alla giustizia, altrimenti il Paese affogherà nei problemi economici. Le cose devono cambiare», ha detto un manifestante nelle immagini riprese dall’agenzia Ruptly.
I primi manifestanti hanno esibito cartelli e striscioni con gli slogan per chiedere una «soluzione politic»” alla crisi in corso nel Paese nordafricano. I dimostranti hanno osservato inoltre un minuto di silenzio in memoria dei caduti algerini durante gli eventi dell’8 maggio 1945; il riferimento è al massacro di Setif e Guelma, quando le autorità coloniali francesi spararono sui dimostranti che avanzavano richieste di indipendenza dalla Francia.
Le proteste in Algeria sono scoppiate in seguito all’annuncio della ricandidatura per un quinto mandato del presidente ottantatreenne Bouteflika, il quale raramente è stato visto in pubblico da quando è stato colpito da un ictus nel 2013. Le dimostrazioni a livello nazionale alla fine hanno spinto Bouteflika a dimettersi, il 2 aprile scorso. Una settimana dopo, il Parlamento algerino ha nominato Abdelkader Bensalah presidente ad interim per i successivi 90 giorni. Da allora Bensalah, considerato molto vicino all’ex presidente, ha annunciato una nuova elezione presidenziale, fissata al 4 luglio.