Si concludono oggi i 21 giorni di campagna elettorale per le elezioni presidenziali anticipate del 7 settembre in Algeria. Il presidente uscente Abdelmajid Tebboune, che tutti i commentatori preannunciano come vincitore scontato, ha solo due avversari convalidati dalle autorità elettorali: Abdelali Hassani Cherif, presidente del partito islamista Movimento della Società per la Pace (Msp), e Youcef Aouchiche, primo segretario del Fronte delle forze socialiste (Ffs), partito laico di sinistra originario della Cabilia, regione storicamente in contrasto con il potere centrale di Algeri.
Già il solo fatto dell’esclusione di altri 13 aspiranti candidati, ufficialmente per ragioni legate agli endorsement necessari, costituisce motivo di critica del voto, in cui l’esclusione fa da padrona, da parte dei detrattori del regime. E anche se i due avversari di Tebboune sono reali oppositori, sanno perfettamente – secondo quel che concordano vari analisti – che le speranze di vittoria sono pressoché inesistenti. Al massimo possono lavorare per un buon posizionamento in vista delle prossime elezioni parlamentari. Altro indicatore di un’elezione già scontata, il fatto che non sia stato nemmeno prevista nel calendario elettorale un secondo turno.
Abdelali Hassani Cherif, 57 anni, guida la terza formazione parlamentare, dopo il Fronte di liberazione nazionale (Fln) e gli indipendenti. La parola d’ordine della sua campagna elettorale è “Opportunità”. Pone l’accento sui concetti di stabilità e unità nazionale e promette riforme economiche e sociali. Si impegna a sostenere il potere d’acquisto, a prendersi cura delle fasce più vulnerabili della società, a rivedere le pensioni di anzianità e a istituire un sistema nazionale per regolare i livelli e le forme di sostegno. Sottolinea l’importanza di riconoscere il lavoro non retribuito delle casalinghe e di fornire loro un sostegno economico diretto. Intende valorizzare le risorse turistiche e artigianali del Paese. Ha il sostegno del movimento islamista Ennahda, ma non quello di El Bina di Abdelkader Bengrina, che ha scelto di schierarsi con Tebboune.
Youcef Aouchiche è il più giovane dei candidati. A 41 anni, si presenta con lo slogan di “Una visione” che incarnerebbe il cambiamento verso una maggiore sovranità popolare e una maggiore indipendenza della giustizia. Annuncia l’aumento dei salari e l’aumento dei sussidi concessi dallo Stato ai gruppi vulnerabili. creare un sistema economico diversificato, escludendo gli idrocarburi, attraverso l’incoraggiamento degli investimenti, il lancio di iniziative e la creazione di un super ministero della Pianificazione e della Prospettiva. Originario della wilaya di Tizi Ouzou, Aouchiche non gode soltanto di appoggi nella regione cabila, ma ha basi in tutto il Paese, come dimostrato dal raggiungimento degli endorsement per la qualifica alla candidatura.
Abdelmajid Tebboune (foto di apertura), 78 anni, si candida come indipendente, ma per molti, si tratta de facto del candidato sostenuto in primo luogo dalle forze armate, come lo furono i suoi predecessori sin dalle prime elezioni pluraliste nel 1996. Il suo direttore di campagna elettorale non è altro che il ministro dell’Interno, Brahim Merad, forte di antenne sul territorio come nessun altro, data la sua posizione. Un’aberrazione, secondo l’opposizione, che accusa il presidente di usare i mezzi statali per la sua candidatura personale. Tebboune vanta indicatori economici in verde – anche grazie agli alti costi degli idrocarburi sui mercati mondiali – alcune riforme sociali popolari, come un’indennità per oltre due milioni di disoccupati e l’abolizione dell’imposta sul reddito per i salari bassi. Sempre più aperto agli investitori stranieri, il Paese risulta attraente, non solo per la sua posizione geografica e le sue ricchezze naturali, ma anche per la sua stabilità. La nota più dolente attribuita al presidente riguarda la repressione degli oppositori e delle voci critiche della società civile. Il quotidiano indipendente Liberté è stato costretto a chiudere, El Watan ha avuto serie difficoltà, ed è emblematico il caso del direttore di Maghreb Emergent e Radio M, Ihsane El Kadi, condannato a 7 anni di carcere con l’accusa di aver ricevuto finanziamenti dall’estero. Il movimento Hirak, che nel 2019 portò alla caduta del presidente Abdelmajid Bouteflika, non ha trovato sbocchi politici ed è stato indebolito da arresti e ostacoli.