Algeria | Un anno di Hirak

di Enrico Casale
Algeria

Un anno fa debuttava in Algeria il movimento Hirak. Migliaia di persone scendevano in strada in manifestazioni oceaniche. Chiedevano una politica più pulita, un rinnovamento della classe dirigente a partire dall’allora ottuagenario presidente Abdelaziz Bouteflika. Dodici mesi dopo, il movimento è ancora lì. Il vecchio presidente non si è più candidato. Dalle elezioni sono emerse nuove figure. Ma la classe politica non si è rinnovata completamente. Le manifestazioni non sono riuscite a piegare il sistema. Anche se alcuni risultati sono innegabili.

Un anno fa, la prima richiesta dei manifestanti sono state le dimissioni di Abdelaziz Bouteflika. A oggi è forse la principale vittoria che hanno ottenuto. L’ex presidente si è dimesso. Di fronte alla massa di gente scesa in strada, il potere ha ceduto e ha costretto il potente presidente a lasciare. Ha accettato poi di introdurre alcune riforme, ma non non un cambiamento radicale.  Alcuni «intoccabili», sono stati banditi o imprigionati. Ma i vertici della politica sono rimati ai loro posti. Lo stesso nuovo presidente eletto Abdelmajid Tebboune è ancora un prodotto del sistema. Anche se ha fatto gesti di apertura, come rilasciare interviste, è riluttante a lasciar andare la zavorra di una classe dirigente immobile. La resa dei conti è tutt’altro che finita. I prossimi mesi saranno decisivi per determinare se Hirak riuscirà a imporre ulteriori profondi cambiamenti.

Ma se c’è un’altra vittoria di cui l’Hirak può vantarsi un anno dopo la sua nascita, è quella di aver permesso agli algerini di riprendere possesso dello spazio pubblico. Riunendosi a migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia nelle strade di tutto il Paese, sono diventati i protagonisti e ciò sembrava impensabile un anno fa. Dimostrando ogni settimana per 12 mesi, gli algerini hanno realizzato ciò che sembrava impensabile: stare insieme per le strade per una manifestazione politica. Ora la tolleranza delle autorità verso le proteste è più ampia. Gli arresti sono ancora frequenti e le forze di sicurezza cercano ogni settimana di limitare l’accesso alla capitale. Ma qualcosa è cambiato.

Nonostante tutto, la portata delle mobilitazioni hanno reso gli algerini una sorta di contro-potere, o almeno un elemento che pesa nell’equilibrio delle scelte politiche. Gli algerini che marciano per le strade ora devono essere ascoltati.

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