di Céline Camoin
Sta suscitando stupore e indignazione l’annuncio della chiusura del quotidiano algerino Liberté su decisione del suo azionista di maggioranza, il miliardario Issad Rebrab, il fondatore del colosso Cevital, primo gruppo privato del Paese. Liberté, fondata nel giugno 1992 nel mezzo di una guerra civile che contrapponeva gli islamisti del Fis all’esercito algerino è considerata una delle rare testate indipendenti del Paese. Ieri, il consiglio d’amministrazione straordinario ha deciso di sciogliere l’editore .
Un centinaio di intellettuali, universitari, artisti, avevano lanciato un appello per la sopravvivenza del quotidiano, sottolineando che la sua chiusura “sarebbe un’enorme perdita per il pluralismo dei media, un duro colpo alle conquiste democratiche ottenute attraverso una dura lotta e il sacrificio. Una grande perdita per il Paese”. Nella lettera, disponibile sul sito del giornale, i firmatari sottolineano che Liberté appartiene anche ai suoi lettori nella loro diversità. “Un giornale è uno spazio di scambio e trasmissione di idee, valori ed espressione cittadina necessari per la vitalità democratica di un Paese, che deve essere preservato, difeso e riportato in vita”.
Il collettivo di redazione del giornale ha comunicato nel fine settimana di aver appreso, a sorpresa, la decisione del proprietario. Resterebbe solo una settimana di vita al quotidiano. Il suo ultimo numero uscirà il 14 aprile.
L’editoriale di ieri del direttore Abrous Outoudert s’intitola “Infanticidio”, un’uccisione della testata che avrebbe compiuto 30 anni fra un paio di mesi. “Liberté è diventata un punto di riferimento con un pubblico sempre più numeroso, per l’attualità, le sue analisi, il suo tono che non ammette compromessi, i suoi editorialisti con il loro spazio di libertà che non censura né autocensura. Il suo vignettista Dilem che non ha mai mollato la penna da 20 anni. (…) Si dice che Liberté sia l’unico quotidiano che i lettori cominciano dalla fine, da Dilem…”. Il direttore ricorda le numerose pressioni subite dai giornalisti ma che non li ha fatti crollare. Nemmeno il terrorismo ci era riuscito, “È bastata una decisione senza giustificazione perché si verificasse l’infanticidio. Contro ogni previsione. Lungi dall’essere una notizia inserita nella sezione economica, l’atto stesso lascerà a lungo tracce indelebili.”
Secondo il Middle East Eye, la decisione di Rebrab sarebbe stata motivata da considerazioni “personali”. “È anziano, stanco e vuole ritirarsi definitivamente dalla vita pubblica. Ha deciso di mettere in ordine i suoi affari”, ha detto a alla testata un parente della famiglia Rebrab, aggiungendo che la decisione era stata presa “molto tempo fa”.
All’interno della redazione del quotidiano, questa spiegazione non convince. I giornalisti ritengono che l’uomo più ricco d’Algeria (è anche, secondo Forbes, la settima fortuna africana) abbia ceduto “alla pressione delle autorità”. “Il giornale sta subendo il contraccolpo della pressione esercitata su Issad Rebrab dalle autorità”, ha detto un giornalista al Middle East Eye.
A febbraio, la pubblicazione di un’intervista a Toufik Hakkar, amministratore delegato della società pubblica di idrocarburi Sonatrach, in cui si affermava che l’Algeria era pronta ad aumentare le proprie esportazioni di gas verso l’Europa, ha provocato aspre reazioni: la major ha sporto denuncia contro Liberté, accusando il quotidiano di aver deformato le sue osservazioni, e il giornalista autore dell’intervista è stato posto sotto controllo giudiziario.
Poche settimane prima, il ministro delle Comunicazioni, Mohamed Bouslimani, aveva criticato il giornale per non essersi “congratulato” con il governo che aveva appena abolito alcune tasse e dazi inizialmente previsti dalla legge finanziaria. A gennaio, il capo dello Stato, Abdelmadjid Tebboune, aveva attaccato Liberté per aver pubblicato in copertina una foto che ritraeva scaffali vuoti mentre il Paese doveva far fronte alla carenza di alcuni prodotti di consumo.
Vicino ai circoli laici, Liberté si è distinto per una linea editoriale critica al potere, che le è valsa sanzioni e chiusure periodiche. Da settembre 2021 uno dei giornalisti del quotidiano, Mohamed Mouloudj, arrestato per “adesione a un gruppo terroristico”, in questo caso il Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia (Mak), è ancora in carcere.
Liberté è stato fondato il 27 giugno 1992 da tre giornalisti (Hacène Ouandjeli, Ali Ouafek e Ahmed Fattani, ora direttore editoriale di L’Expression, altro quotidiano in lingua francese) e da Issad Rebrab, Liberté ha una linea editoriale contraria al fondamentalismo islamista e al potere autocratico. Durante il “decennio oscuro” del terrorismo islamista, quattro dipendenti della testata, tra cui due giornalisti, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco da gruppi terroristici.
Issad Rebrab avrebbe espresso il desiderio di ritirarsi definitivamente dalla scena pubblica. Dopo anni di polemiche con i successivi governi di Abdelaziz Bouteflika, l’imprenditore 78enne, che detiene anche partecipazioni in Francia (Oxxo, Brandt), è stato incarcerato nell’aprile 2019 nell’ambito dell’operazione campagna anticorruzione avviata dalle autorità di transizione per reati fiscali, doganali e bancari. Condannato nel gennaio 2020 a diciotto mesi di reclusione ha lasciato il carcere dopo otto mesi di custodia cautelare.