di Mario Ghirardi
Sono appena passati da 6 a 7 i Parchi Nazionali della Repubblica Democratica del Congo tutelati come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco; sono tra i più grandi, i più impenetrabili, i più spettacolari per paesaggio e i più ricchi di fauna rara di tutta l’Africa. Ma in che stato di salute sono? Tra passi avanti e preoccupanti situazioni di stallo al limite del precipizio, cerchiamo di tracciarne un quadro aggiornato.
Innanzitutto il 2023 ha segnato l’arrivo di una ‘new entry’, ovvero quella del Massiccio forestale di Odzala Kokoua. Questa Riserva è un eccellente esempio, su scala eccezionalmente ampia, del processo di ricolonizzazione forestale post-glaciale degli ecosistemi della savana. È quindi ecologicamente significativo come punto di convergenza di molteplici tipi di ecosistemi (foresta congolese, foresta della Bassa Guinea e savana). L’ampia gamma di classificazioni per età nello spettro della successione forestale contribuisce all’ecologia altamente distinta del parco, incorporando un’ampia gamma di notevoli processi ecologici. È una delle roccaforti più importanti per gli elefanti delle foreste dell’Africa centrale ed è riconosciuto come il parco con la più ricca diversità di primati della regione, i cui destini sono da tenere sotto osservazione.
Dal canto suo il Salonga National Park, a causa di miglioramenti effettivi nel suo stato di conservazione, è stato finalmente e recentemente giudicato, dopo ben 24 anni di attesa, non più uno dei siti considerati a rischio dall’Unesco. Fuori pericolo, dunque.
E’ infatti stato accolto con favore, ed è un’ottima notizia, il chiarimento fornito dalle autorità nazionali che le concessioni petrolifere che si sovrappongono alla proprietà sono nulle e che questi blocchi saranno esclusi dalle future aste. In più la gestione del parco è stata notevolmente migliorata, in particolare per quanto riguarda il rafforzamento delle misure antibracconaggio. Il monitoraggio regolare della fauna selvatica infatti mostra che le popolazioni di bonobo, lo scimpanzè nano, rimangono stabili nella proprietà nonostante le pressioni passate e che la popolazione di elefanti della foresta ha iniziato lentamente a riprendersi.
Inscritto nel 1984 nella Lista del Patrimonio Mondiale e nel 1999 nella Lista del Patrimonio Mondiale in pericolo, il Salonga è la più grande riserva di foresta pluviale tropicale dell’Africa. Situato nel cuore del bacino centrale del fiume Congo, il parco è molto isolato e accessibile solo via acqua. È l’habitat di molte specie endemiche in via di estinzione, come il bonobo appunto, il pavone del Congo, l’elefante della foresta e il coccodrillo africano dal muso sottile o “falso”.
Con 13.720 km², la Riserva naturale di Okapi ha una ricca biodiversità e un ecosistema forestale di importanza culturale ed economica per i tradizionali cacciatori pigmei nomadi Mbuti ed Efe che, si ritiene, abitino queste foreste da 40 mila anni.
Sebbene la riserva sia fortemente protetta, ha dovuto far fronte, in particolare lungo il suo confine occidentale, durante la sua vita, a minacce in rapido aumento causate dall’insicurezza, dal bracconaggio e dal traffico illegale di specie selvatiche, aggravate da un’economia mineraria illegale che coinvolge gruppi armati e attori clandestini, tanto che figura nella lista del Patrimonio Mondiale Unesco in pericolo dal 1997, dopo solo un anno dal suo inserimento. Oggi per fortuna però qualcosa si sta muovendo in senso positivo, anche se i pericoli non sono scongiurati del tutto. Sono stati infatti intrapresi incontri di consultazione locale, mappatura dei permessi minerari e pattugliamenti anti-bracconaggio per stabilire la linea di base per la demarcazione dei confini occidentali della Riserva. E’ un primo, significativo passo, dopo un lunghissimo stallo.
Situata nel nord-est della RDC, la Riserva naturale di Okapi occupa circa un quinto della foresta dell’Ituri, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Il bacino del fiume Congo, di cui fanno parte la riserva e la foresta, è uno dei più grandi sistemi di drenaggio dell’Africa. L’okapi è qui endemico ed è una specie protetta dalle leggi nazionali. Qui vivono circa 5mila esemplari di questa antilope solitaria, a fronte dei 30mila totali ancora allo stato selvaggio. Si tratta di un animale molto particolare, con il dorso di tinta marrone unito e le zampe e le cosce posteriori a righe bianconere simili a quelle delle zebre, ma ciò nonostante è strettamente imparentato con la famiglia delle giraffe.
Le principali sfide gestionali che questa Riserva deve affrontare sono ancora il controllo dell’immigrazione nell’area di sviluppo, il divieto di invasione agricola all’interno della fascia larga 10 km situata lungo la strada e la garanzia del coinvolgimento delle popolazioni indigene, pigmei Mbuti ed Efe, nella gestione della riserva. Un’altra sfida fondamentale riguarda il controllo del bracconaggio commerciale e dell’estrazione artigianale. Anche se la Riserva beneficia del sostegno di varie ONG e di finanziamenti aggiuntivi, è fondamentale ottenere altre risorse umane e logistiche per garantirne la gestione efficace.
A fronte delle citate Riserve avviate, speriamo, verso la totale e definitiva ‘salvezza’, il Congo presenta però altre criticità sulla cui risoluzione non pare essere stato fatto alcun passo avanti. Nel Parco Nazionale Garamba, nel Kahuzi Biega e nel Virunga le tensioni rimangono fortissime, in quest’ultimo specie attorno alla sopravvivenza delle vaste comunità di gorilla, che qui hanno il loro habitat e sono però costantemente minacciate di sterminio dai bracconieri.
È essenziale per risolvere le principali problematiche, commenta l’Unesco, che l’integrazione delle comunità locali nella gestione del Parco Garamba, sito nella zona nord orientale del Paese, e delle riserve di caccia periferiche venga stabilita attraverso la gestione partecipata delle risorse naturali. La sorveglianza è ora assicurata dalle guardie tramite pattuglie nelle tre zone di caccia nonché nel Parco, in collegamento con regolari pattuglie aeree di tutte queste zone. Si è sviluppato l’aspetto turistico: un tempo esisteva la possibilità, unica in Africa, di fare turismo a dorso di elefante; questa attività potrebbe essere ripresa una volta che la situazione della sicurezza sarà più stabile. Dovrebbero inoltre essere rafforzate le partnership con organismi internazionali e la raccolta di fondi.
Ricordiamo che il Parco Nazionale Garamba ospita i quattro mammiferi terrestri più grandi del mondo, l’elefante, il rinoceronte nero e quello bianco, di cui rimangono solo 30 esemplari, la giraffa e l’ippopotamo. La popolazione di rinoceronte bianco settentrionale è l’ultima popolazione sopravvissuta di questa sottospecie. Inoltre, nel Parco è endemica anche la sottospecie della giraffa congolese. Situato nella zona di transizione tra i centri guineano-congolesi e guineano-sudanesi, il Parco e i vicini domini di caccia racchiudono una biodiversità particolarmente interessante con specie tipiche delle due zone biogeografiche. Tra le specie della savana figurano, oltre appunto al rinoceronte e alla giraffa, il leone, la iena maculata e numerose specie di antilopi.
Vasta area di foresta tropicale primaria dominata da due spettacolari vulcani spenti, Kahuzi e Biega, il parco omonimo presenta una fauna varia e abbondante. Uno degli ultimi gruppi di gorilla di pianura orientale composto da soli 250 individui vive tra i 2.100 e i 2.400 m sul livello del mare.
La Wildlife Conservation Society ha stilato un elenco completo degli uccelli del Parco con 349 specie, di cui 42 endemiche. Inoltre, il Parco è stato designato come centro di diversità per le piante dalla IUCN e dal WWF nel 1994, con almeno 1.178 specie inventariate nella zona degli altipiani. Il Parco è uno dei rari siti dell’Africa sub-sahariana in cui è osservabile la transizione della flora e della fauna dalle zone basse agli altopiani.
L’instabilità politica nella regione, provocando lo sfollamento di migliaia di persone, rappresenta una minaccia molto seria per l’integrità del patrimonio, delle risorse e delle popolazioni di grandi mammiferi che nel Parco sono diminuite drasticamente. Il Parco non dispone di una zona cuscinetto, mentre questa potrebbe invece sostenere la cooperazione delle popolazioni vicine nella sua conservazione.
Un’altra sfida fondamentale è quella del controllo del bracconaggio e dell’esplorazione petrolifera artigianale negli ex siti di estrazione. La caccia alla selvaggina per la cacciagione e la conversione degli habitat sono considerate conseguenza della presenza di numerosi minatori nel Parco. Poiché le risorse finanziarie e umane sono insufficienti, diventa imperativo ottenere ulteriori mezzi per rafforzare l’efficacia della gestione, inclusa, idealmente, la creazione di un fondo fiduciario.
Il Parco Nazionale Virunga copre un’area di 790 mila ettari e comprende un’eccezionale diversità di habitat, che va dalle paludi e steppe ai nevai del Ruwenzori ad un’altitudine di oltre 5 mila metri, e dalle pianure laviche alle savane sulle pendici dei vulcani. Nel Parco si trovano i gorilla di montagna, nei fiumi vivono circa 20 mila ippopotami e vi svernano uccelli provenienti dalla Siberia. Offre i paesaggi montani più spettacolari dell’Africa. Il monte Ruwenzori con i suoi rilievi frastagliati e le cime innevate, le sue scogliere e le ripide valli, e i vulcani del massiccio Virunga ricoperti da una vegetazione afro-alpina di felci arboree e lobelia, nonché i loro pendii ricoperti da fitte foreste, sono luoghi di eccezionale bellezza naturale. I vulcani, che eruttano a intervalli regolari ogni pochi anni, costituiscono gli elementi dominanti del paesaggio eccezionale, che annovera anche le valli erose nelle regioni di Sinda e Ishango.
È qui necessaria una sorveglianza rafforzata per garantire l’integrità dei confini del Parco. Ridurrebbe il bracconaggio, la deforestazione, la pressione sulle risorse della pesca e in particolare le attività di gruppi armati isolati. A tal fine risultano di primaria importanza il potenziamento del personale e la disponibilità di attrezzature nonché la formazione del personale del Parco.
Il miglioramento e il rafforzamento delle infrastrutture amministrative e di sorveglianza contribuirebbe a ridurre la pressione sulle specie rare e minacciate, come il gorilla di montagna, gli elefanti, gli ippopotami e gli scimpanzé. Considerato il notevole incremento demografico, la creazione di zone cuscinetto in tutti i settori è indispensabile e urgente. La promozione di un turismo localizzato e controllato potrebbe aumentare le entrate e contribuire al finanziamento regolare per la manutenzione della proprietà.
Da non dimenticare poi la Riserva Sangha Trinazionale, caso molto particolare di gestione suddivisa tra tre Nazioni, come indica il nome stesso. Situato nel bacino nord-occidentale del Congo, dove si incontrano Camerun, Repubblica Centrafricana e Congo, il sito comprende tre parchi nazionali contigui per un totale di circa 750.000 ettari. Gran parte del sito non è influenzato dalle attività umane e presenta una vasta gamma di ecosistemi di foreste tropicali umide con una ricca flora e fauna, tra cui i coccodrilli del Nilo e il pesce tigre Golia, un grande predatore. Le radure delle foreste ospitano specie erbacee e il Sangha ospita notevoli popolazioni di elefanti di foresta, gorilla di pianura occidentale in grave pericolo di estinzione e scimpanzé in via di estinzione. L’ambiente del sito ha preservato la continuazione dei processi ecologici ed evolutivi su vasta scala e una grande biodiversità, comprese molte specie animali in via di estinzione.
I diritti e i mezzi di sussistenza tradizionali delle popolazioni locali e indigene, come i BaAka, sono un elemento fondamentale e sempre più riconosciuto nella gestione della Riserva. Mentre nel Parco Nazionale di Lobéké (Camerun) esistono zone di utilizzo all’interno del parco, nella Repubblica Centrafricana e nella Repubblica del Congo, l’uso delle risorse locali, compresa la caccia e la raccolta indigena, non è consentito nelle aree protette, incidendo così sui mezzi di sussistenza locali e creando il potenziale di conflitto. Ciò illustra l’importanza cruciale di trovare un equilibrio complessivo tra conservazione della natura e utilizzo delle risorse locali in un contesto più ampio. La zona cuscinetto significativamente ampliata offre l’opportunità di comprendere e integrare meglio le esigenze di sostentamento ma anche la conoscenza delle comunità locali.
Questi sono gli auspici degli organismi internazionali, ma la soluzione ai problemi sembra in molti casi ancora lontana. Intanto il tempo stringe e i cambiamenti climatici accelerano fortemente ogni criticità.
Foto di Scott Ramsay